Truly it may be said that the outside of a mountain is good for the inside of a man.
In verità si può dire che l’esterno di una montagna è cosa buona per l’interno di un uomo.
[George Wherry]
Quando me ne parlò la prima volta mi disse: «Ho scoperto il Paradiso perduto». «C'è un tratto in cui il sentiero attraversa un piccolo gruppo di baite. Si chiama la Stoppadura. Dopo poche decine di metri si incontra un tronco girevole che funziona d'ingresso nella piana di Bresciadega. Si cammina nel bosco mentre da lontano compaiono le cime rocciose innevate con il torrente che scroscia impetuoso tra le rocce. lo, lì, sento vicino il Paradiso».
Ripercorrere quei gradoni di granito bianco ripensando ai giovani contrabbandieri, meglio conosciuti con il termine di "spalloni", che transitavano su quel sentiero diretti in Svizzera con merci e valuta nascosta nel fondo di vecchie bricolle o sotto i vestiti...per poi viaggiare con il pensiero alle Aquile Randagie, ragazzi che difesero con coraggio il movimento Scout quando il regime fascista vietava severamente ogni forma di oragnizzazione giovanile a inquadramento militare o paramilitare diversa dall'ONB...fa pensare, lungo il cammino, al proprio passato, alle difficoltà, a quelli che consideriamo ostacoli insormontabili...e ci si sente piccoli, davvero piccoli. E questo non tanto per le dimensioni della valle, che in fondo non è così estesa ma anzi è decisamente stretta, ripida e angusta, quanto piuttosto per la grandezza, per il coraggio, per la straordinaria immensità delle persone che hanno camminato lungo i sentieri della Val Codera.
E sono molti i dettagli che fanno capire quanto attivamente la Val Codera sia frequentata da Scouts ogni anno, a partire dalle basi Scout come La Centralina...oppure porgendo un saluto lungo il cammino alle croci di Giuseppe Brumat di Monza e di Enrico Oggioni del S.S.Giovanni 1, o ancora nei pressi della fontana vicino alla Cappella di Sant Antonio ad Avedè, adornata con fazzolettoni di gruppi provenienti da tutta Italia in memoria di Luca Garofalo...per poi arrivare alla base Casera a 1240 m di altezza ed ancora più su fino al confine elvetico...
Ma prima ancora di essere una Valle degli Scouts, la Val Codera è più di ogni altra cosa un meraviglioso capolavoro geologico prodotto circa cinquanta milioni di anni fa dallo scontro della Placca africana e della vasta Placca continentale euroasiatica.
Solitamente per escursioni come questa spendo alcune righe per descrivere l'itinerario seguito. Nel particolare caso della Val Codera mi limiterò a dire solo questo: andate in Val Codera, camminate in silenzio sul suo sentiero e lasciatela lentamente entrare nel vostro cuore ad ogni passo.
Scopritela con tutti i vostri sensi: bevete la sua acqua, inspirate il profumo dei suoi fiori di tiglio, mughetto e ginestra, sedetevi all'ombra dei castagni, osservate i riflessi dei raggi del sole sul granito di Serizzo, ascoltate il gracchio in volo, assaporate i frutti di mirtillo, ammirate la maestosità del "piantone", lasciatevi cullare dal fragore del torrente, stendetevi sui prati nei pressi di Casera.












Descrivendo gli altri settori non farei che ripetermi: buona roccia, area di sicura abbastanza ampia e comoda, ottimi spit, soste attrezzate e ben distanti tra loro, vie emozionanti che invitano a scalare e a sperimentare, ambiente piacevole e riservato...forse proprio sull'ambiente sarebbe giusto spendere qualche parola in più perchè se da un lato può essere positivo poter contare su un ambiente tranquillo e non troppo affollato, dall'altro lato ci si domanda: perchè una palestra di roccia così bella ed attrezzata è così poco segnalata? Non ci sono cartelli che indichino di svoltare verso Ambrosinera e Mortera per raggiungere la meta, il piazzale per il parcheggio custodisce un pannello informativo vuoto che indica la presenza in passato di una mappa o del regolamento della palestra di roccia solo con i segni della colla rimasti sul legno, la strada sterrata che si immette nella faggeta non reca segnali di nessun tipo e si fatica a comprendere la direzione da seguire per raggiungere un determinato settore affidandosi un po' all'istinto e un po' ai disegni didascalici pescati dal web.
I vari settori di arrampicata sono di conseguenza difficili da trovare ed alcuni dei loro pannelli informativi sono vecchi, incompleti o quasi totalmente ricoperti dalla vegetazione.
Comprendo la difficoltà di occuparsi di una palestra di roccia che sorge all'interno di una proprietà privata ma temo che ciò porti ad un suo utilizzo minimo e misero, e si perderebbe l'occasione di poter davvero fare di più e meglio.
Procedere in salita per due tornanti fino a raggiungere la Chiesa di Sant'Ilario e proseguire ancora in salita lungo Via dei Marsano e Via Nora Massa godendoci la vista del mare e del porticciolo di Nervi alla nostra sinistra.
Eretta per voto nel 1350 sulle alture di Nervi, la chiesetta di San Rocco è citata negli scritti della antica visita pastorale di Mons. Bossio del 1582.
Nel quadro (sec. XVIII, Autore ignoto) posto sopra l'altare maggiore, campeggia la Vergine Maria assisa in trono col Bambino ritto sul ginocchio destro. Ai lati del trono stanno: a destra, in piedi, S. Bartolomeo e, col ginocchio piegato, S. Rocco; a sinistra, in piedi, S. Sebastiano, e, inginocchiato, S. Antonio Abate.
L'Aiguille Rousse è una cima che si presenta massiccia e rocciosa sul versante ovest in direzione di Pracompuet e di Nancroix, e con un aspetto più dolce sul versante opposto in direzione di Les Bettières e della testata della valle.
Il vento costante spazza la vasta spianata erbosa carica di fiori mentre lo sguardo spazia sulle guglie delle cime circostanti come la cresta del Sommet de Bellecôte (3400 m circa) e la cima scolpita della Dôme des Pichères, intanto l'orecchio accoglie i fischi delle marmotte ed il richiamo dei gracchi alpini.
Consiglio di soffermarsi alla Cappella Notre Dame des Vernettes per ammirarne i meravigliosi affreschi oggetto di recente restauro, suggerisco di procedere con estrema attenzione lungo il cammino ai piedi della massicciata rocciosa della cima nella speranza di scorgere il maestoso profilo alare del Gipeto.









