3178 . di altitudine sviluppati lungo un impegnativo percorso, tuttavia
classificato come Escursionistico, di circa 10 km con un dislivello
complessivo di circa 1400 m
Molteplici
sono le caratteristiche che rendono il Monte Thabor affascinante.
La
storia del suo nome per esempio; alcune teorie fanno risalire la sua
denominazione al XI secolo, quando cavalieri Crociati e pellegrini
europei di ritorno dalla Terra Santa vollero attribuire alla montagna
il nome del celebre rilievo di circa 600 m situato in Galilea dove,
secondo il Vangelo, avvenne la trasfigurazione di Gesù Cristo.
Oppure
la sua localizzazione geografica: situato al fondo della Valle
Stretta, la lunga vallata che si sviluppa parte in Italia e parte in
territorio francese in un particolare angolo retto il cui vertice si
trova a Pian del Colle. Una vallata storica, suddivisa dal confine
dopo il 1947 ma che prima era compresa interamente in territorio
italiano. I suoi corsi d’acqua confluiscono nella Dora Riparia e
alimentano una centrale idroelettrica situata poco lontano dal centro
abitato di Bardonecchia.
O
ancora la sua vicinanza con tre bellissimi rifugi: il Rifugio I Re
Magi posto a quota 1769 m il Rifugio Terzo Alpini a quota 1780 m ceduto al CAF di Briançon nel 1947 e reso al CAI di Torino nel 1970,
e il Refuge du Thabor a 2502 m nei pressi del Lac Rond.
O
ancora le sue tradizioni, come la processione degli abitanti della
borgata Melezet, dedicata alla Madonna Addolorata, che si svolge ogni
16 Luglio.
Oppure
la sua particolare conformazione, così terroso e arrotondato "a
panettone" che se osservato dall'imbocco della valle pare quasi
voglia nascondersi accanto alle appariscenti guglie del maestoso
castello dolomitico del Séru, del Grande Addritto o del massiccio de l'Enfourant.
Ma più di tutto, credo che ciò che renda il Thabor unico sia proprio la magnifica varietà di paesaggi che regala durante la salita e ancor di più lo stupendo panorama che si può ammirare dalla sua vetta.
Ma più di tutto, credo che ciò che renda il Thabor unico sia proprio la magnifica varietà di paesaggi che regala durante la salita e ancor di più lo stupendo panorama che si può ammirare dalla sua vetta.
Una
montagna da vivere fino in fondo. Ma procediamo con ordine...
Partiamo
da Bardonecchia di buon mattino e seguiamo le indicazioni per Melezet
lungo la SP 216. Si supera la diga e ci si dirige verso il Colle
della Scala seguendo le indicazioni per la Valle Stretta (Vallée
Étroite).
Consiglio
di viaggiare con prudenza per via delle numerose cunette artificiali
abbastanza profonde.
Lasciamo
quindi l'auto in prossimità dell'ASI TREK poco prima delle Grange di
Valle Stretta e facciamo abbondante scorta d'acqua alla fontana prima
di partire.
Oltrepassiamo
le Granges e il rifugio Terzo Alpini proseguendo su una semplice
strada sterrata all'ombra di Punta 4 Sorelle.
Da
qui si raggiunge in poco tempo un bivio: a sinistra si prosegue il
nostro itinerario ma consiglio caldamente di valutare la possibilità
di una piccola deviazione di circa 15 minuti al Lago Verde.
Raggiunto
il Pian de la Fonderie il massiccio del Sèru si staglia imponente
davanti ai nostri occhi e ci troviamo nuovamente ad un bivio, bisogna
tenere la sinistra e mentre il sole finalmente sorge dietro le
montagne si prosegue sul sentiero circondato dal bosco in direzione
della Colonia Alpina a quota 2093 m. La struttura denominata Maison
des Chamois è un edificio costruito per i minatori che lavoravano
alla miniera di ferro Blanchet, ora è stata ristrutturata e gestita
dall'oratorio della parrocchia di Nichelino come casa per ferie.
A
sinistra, verso il pendio, troviamo un tubo di gomma, l'ultima
occasione per fare scorta d'acqua prima di raggiungere la vetta.
Qui
il terreno cambia: gli alberi cedono il passo alle ampie distese
erbose e la sterrata si trasforma in una stretta mulattiera
contrassegnata da segni rosa. Si segue il comodo sentiero che punta
con determinazione alla vetta del Grande Addritto.
A
quota 2204 m di altitudine si raggiunge il Ponte delle Pianche, un
piccolo ponticello in legno che scavalca il corso d'acqua e fa
piegare il sentiero a destra lungo il corso d'acqua del Ruisseau.
Accanto a noi la Punta Mattirolo e le altre cime del Sèru si fanno
sempre più vicine, dall'altra parte della piana le Roche du
Chardonnet, le Rochers de l'Aigle e le Rocher de la Grande Tempête
incantano con i loro colori cupi da paesaggio lunare.
Si prosegue nel Vallon du Diner e prima ancora di rendersene realmente conto si raggiunge quota 2727 m in prossimità di due vistosi cumuli di pietre incrociando la G.R. 57 partita dal Refuge du Thabor. Anche qui il paesaggio cambia, il sentiero si fa via via più ripido piegando bruscamente a sinistra con una serie di stretti tornanti tra le rocce e un ponte di metallo sopra un piccolo crepaccio. Il Thabor appare sempre più vicino eppure per un lungo lasso di tempo sembra irraggiungibile.
Oltrepassiamo
quota 2910 m Incontriamo l'ultima croce di metallo e le rocce si
trasformano in una terra battuta ed arida che potrebbe spiegare il
paragone tra questa cima e la sua omonima in Terra Santa. Alle nostre
spalle è chiaramente visibile il Lac du Peyron, la dolomitica
formazione dei Sèru e tutta la Valle Stretta.
L'ultimo
tratto attraversa un piccolo nevaio e poi tira con pochi tornanti
fino alla Cappella della Madonna Addolorata. Alle
sue spalle, a circa 80 metri un ammasso di rocce segna la punta del
Thabor. Dalla cima la vista è magnifica.
La
giornata non poteva essere delle migliori, solo poche nuvolette sulle
cime più alte verso il confine italiano.
La
vista sul gruppo dei Cerces, Galibier, sul delfinato e le Aiguilles
d'Arves è perfetta. Il Pic du Thabor dinanzi a noi fa mostra di sé,
mentre dall'altra parte sono chiaramente visibili la Guglia Rossa, il
Pic de Rochebrune e molte altre.
É
inoltre possibile far spaziare lo sguardo su tutta la Valle Stretta,
sulla valle di Nevache e sulla valle di Bissorte. Dalla cima è
possibile, in condizioni meteorologiche ottimali, osservare anche il
Monte Bianco.
Una
lunga pausa dopo un buon pranzo e le consuete foto di vetta e siamo
pronti a metterci nuovamente in cammino.
Lungo
la strada del ritorno effettuiamo una piccola deviazione verso il
piccolo laghetto posto non lontano dal Colle delle Muande, un piccolo
specchio d'acqua in grado di regalare un breve ma significativo
momento di serenità; da lì non si vorrebbe più ripartire. Il resto
del percorso di ritorno è identico alla salita.
Il Monte Thabor è stato in grado di regalarmi davvero intense emozioni e resterà senza dubbio tra le mie escursioni preferite. Un 3000 m degno di nota, con un percorso non eccessivamente impegnativo dal punto di vista tecnico ma piuttosto lungo. La durata è di circa 4 ore. Non consigliato come prima impresa da effettuare per chi ha ancora necessità di allenarsi a camminare dunque ma difficile da dimenticare per chi lo percorre e per chi come noi attendeva questa escursione da tanto tempo.
Nessun commento:
Posta un commento