domenica 31 dicembre 2017

Perla del mese - Dicembre

Ciò che ottieni raggiungendo i tuoi obiettivi non è così importante 
quanto ciò che diventi raggiungendo i tuoi obiettivi.


martedì 19 dicembre 2017

Il castagno

Il castagno è una pianta arborea diffusa in moltissimi boschi collinari, in genere dai 200 ai 1200 m di quota, ma può arrivare in alcuni casi anche a 1600 m, come ad esempio sulle pendici dell'Etna.
L'albero del castagno ha una storia molto antica, risalente addirittura a 60 milioni di anni fa. Studi storici hanno dimostrato che in Italia centrale intorno al 1000 a.C. si registrava una presenza di pollini di castagno pari all’8 %, con un aumento nel periodo dell'Impero Romano e all'inizio dell'era cristiana.
L'areale di distribuzione delle piante di castagno in Europa si estende in tutta l'area settentrionale del Mediterraneo e comprende Portogallo, Spagna, Italia, Grecia e paesi della penisola balcanica, Turchia e Georgia.

Non esistono in Italia castagneti spontanei, tutti sono il risultato di trapianti operati dall'uomo in epoche molto remote.
Riconoscere un castagno in età adulta è molto semplice considerato quanto sia ben noto a chiunque il suo frutto racchiuso nella cupola spinosa comunemente chiamata riccio.
Può capitare raramente di imbattersi in esemplari con una ramificazione che parte da un'altezza dal suolo molto ridotta, generalmente però il tronco è dritto e ramificato in alto.
La corteccia grigio scura, profondamente scanalata con fessure che seguono un andamento a spirale, nelle piante più giovani è liscia e tende al bruno rossastro. Un albero di castagno può raggiungere e superare i 35 m di altezza e il tronco anche 4 o 5 metri di diametro.

Il suo legno è duro, compatto e robusto, ma a volte tende a fendersi verticalmente lungo le fibre, ciononostante alcuni antichi detti suggerivano di far dormire i bambini in culle fatte di legno di castagno per farli crescere forti e sani come l'albero. Viene anche usato per pali da costruzione e sostegni di vario tipo, ha invece un modesto valore combustibile perchè brucia con poca fiamma e molta cenere.

Le foglie di castagno sono oblungo-lanceolate, con un margine dentato, opache sul lato inferiore e percorse generalmente da 10/20 coppie di nervature in rilievo.

I fiori maschili e femminili nel castagno sono presenti sulla stessa pianta.
Il miele estratto dai fiori di castagno viene raccolto generalmente tra i mesi di Giugno ed Ottobre, ha un sapore pungente e carico con un retrogusto amarognolo che può essere apprezzato anche su piatti salati di carni e formaggi stagionati, mentre non si presta molto a sostituire lo zucchero per dolcificare the o tisane.  
È più facile sentire il caratteristico profumo dei fiori di castagno dopo le prime piogge autunnali.

Il castagno è il simbolo dell'autunno, imponente e riservato sovrano dei boschi.
Per la capacità dei suoi frutti di sfamare intere popolazioni montane, il castagno si avvalse del titolo di "albero del pane": le castagne, bollite, arrostite, nella zuppa, essiccate e trasformate in farina, erano alla base di molte ricette antiche, sopravvissute ancora oggi. 
In Italia il castagno è anche simbolo di previdenza e generosità, per la sua capacità di donare frutti in grado di garantire un sostentamento per l'intera stagione invernale.
Un'altra abitudine consisteva nel donare castagne durante il matrimonio, sostituite in tempi più recenti dai confetti.

La produzione mondiale di castagne e marroni è pari a poco meno di mezzo milione di tonnellate annue e proviene quasi totalmente dai continenti asiatico ed europeo: negli anni passati, contrariamente a quanto verificatosi in Asia, in Europa la produzione ha subito una forte contrazione, passando dalle oltre 300.000 tonnellate del periodo 1961-1965 alle attuali 140.000 tonnellate, con una lieve ripresa nell'ultimo decennio.

Negli ultimi 40 anni in Italia si sono drasticamente ridotte sia le superfici coltivate a castagno che le relative produzioni; tale contrazione ha registrato un notevole rallentamento negli anni '80, al termine dei quali la superficie a castagno da frutto ha raggiunto una certa stabilità. La produzione italiana nell'ultimo ventennio infatti si è sostanzialmente stabilizzata, seppure con ampie oscillazioni, tra le 50.000 e le 70.000 tonnellate annue.
Una notevole quota della produzione italiana è collocata sui mercati esteri allo stato fresco, mentre si stima che l'industria dolciaria nazionale assorba ogni anno 7000/7500 tonnellate di merce. Il 6% viene invece essiccato. La parte restante della produzione, di poco inferiore al 50% del totale, è commercializzata allo stato fresco sui mercati interni o è utilizzata per l'alimentazione zootecnica oppure è destinata all'autoconsumo di tipo familiare. A partire dal 1992 le esportazioni italiane di prodotto fresco e trasformato hanno ripreso ad aumentare, oscillando negli ultimi anni intorno alle 20.000 tonnellate. Il prodotto è indirizzato principalmente a Stati Uniti e Canada, che assorbono oltre il 20% dell'esportato, a Francia e Svizzera (18%).
Le importazioni consistono in prodotto quasi esclusivamente fresco, proveniente soprattutto da Spagna, Portogallo e Turchia, ove il costo della manodopera è inferiore al nostro, ma cui si contrappone una minore standardizzazione delle varietà colturali.

Occorre preservare e tutelare le piante di castagno dai parassiti, dagli effetti dannosi dell'inquinamento e soprattutto dagli incendi. Un castagno non è solo una rendita per gli esseri umani ma è anche un elemento fondamentale del delicato equilibrio dell'ambiente bosco, e possiamo anche dire che rappresenta il secolare collegamento tra natura e uomo che da sempre ha potuto sopravvivere anche grazie alla straordinaria generosità di questo albero. 

giovedì 7 dicembre 2017

Testa Paian

Come numerosi altri percorsi nelle Valli di Lanzo Testa Paian offre il giusto compromesso tra la fuga dalla afosa città e il desiderio di esplorazione e di scoperta di affascinanti luoghi carichi di storia e di meraviglia.

Situato a metà tra l'imbocco della Val d'Ala e Rocca Moross questa panoramica cima è un ottimo pretesto per fare movimento in buona compagnia, in qualsiasi stagione.
Il suo nome "Paian" in patois significa "Pagano" secondo alcuni in ricordo dei riti precristiani che si svolgevano sulla montagna in onore della dea Cerere.

Raggiungerlo non è complicato: Si lascia l'auto nella meravigliosa Mezzenile e ci si dirige alla Cappella della Consolata.
La prima parte del percorso è descritta nell'articolo al seguente link.

Dopo aver raggiunto la Cappella della Consolata è sufficiente salire in direzione di Cialognan, piegare verso la Moia seguendo il sentiero n° 205 e poi imboccare la sterrata che conduce all'Alpe Belvedere a quota 1453 m.
Poco prima dell'Alpe Belvedere, a sinistra sul sentiero, si incontra ciò che rimane di una delle ultime fucine stagionali dell'Adrèt. Utilizzata in passato solamente durante il periodo dell'alpeggio estivo, ormai abbandonata, questo piccolo tesoro delle nostre montagne conserva ancora, tra le pietre che ne costituiscono i muri, il suo piccolo ma significativo carico di storia. Un rudere che a mio avviso merita più di una fugace occhiata durante il cammino.
L'Alpe Belvedere è facilmente riconoscibile anche da lontano: un casolare lungo e basso, cintato da una staccionata in legno e una catena all'ingresso, che pare orientato verso il frastagliato profilo dell'Uja di Calcante, e con un'ampia distesa erbosa posta proprio davanti.
Giunti all'Alpe è possibile fare scorta d'acqua alla fonte tra le case per poi ripartire seguendo la traccia diretta prima a Testa della Cialma (1629 m) e poi verso Alpe del Conte (1768 m).

La rocciosa formazione della Cialma è aggirabile con un sentiero sulla destra, si prosegue con una lieve pendenza verso il pianoro erboso che caratterizza la piana dell'Alpe del Conte.
Il profilo di Testa Paian da questo punto è molto caratteristico: un trapezio quasi perfetto con la base ben marcata dalla sterrata che conduce all'Alpetto (1729 m) e più in basso ancora alla Testa del Crot (1261 m), il lato superiore lievemente inclinato in alto verso nord dove si trova quindi il punto più alto, contrassegnato da una piccola madonnina bianca tra le rocce, il lato inclinato a sud più alberato nella parte alta e con un collaretto di pietraia che scende fino alla piana erbosa alla base, il lato inclinato a nord che scende su una spalletta erbosa e si dissolve nella macchia di bosco situata più in basso.

La rimanente parte di sentiero che conduce in vetta non è molto battuta e tende a perdersi tra le rocce, l'erba alta e gli arbusti, ma si riesce tuttavia ad intuire una via di salita fino alla punta dalla quale sono ben visibili tutti i centri abitati della valle sottostante, come musicisti dalla pedana del direttore d'orchestra. Da Ala di Stura a Chiampernotto, da Bracchiello alla piccola Voragno fino a Ceres, tutti perfettamente schierati sulla riva della Stura di Ala che va a congiungersi più avanti con la Stura della ValGrande.

Sulla cima del Paian si respira un'atmosfera di quiete e di serenità. Le melodie generate dal vento e dai campanacci delle mandrie all'Alpe più in basso si fondono insieme dando l'impressione di trovarsi ben più distanti e lontani nello spazio e soprattutto nel tempo.
Una passeggiata sicuramente da non perdere, magari in autunno con i boschi dai nuovi colori da ammirare.

Ringrazio Elena per la compagnia durante l'escursione e un ringraziamento speciale a Ezio per l'accoglienza a Mezzenile e per averci guidato alla scoperta dei numerosi piccoli tesori carichi di storia incontrati lungo il cammino.