mercoledì 31 marzo 2021

Perla del mese - Marzo

In montagna imparo
a non mollare,
ma anche
a dover rinunciare,
perchè in fondo
non sono padrone
di niente.



martedì 30 marzo 2021

ALPI – 4000 DA COLLEZIONE

Articolo a cura di Lodovico Marchisio

È uscito a marzo di quest’anno il libro “Alpi – 4000 da collezione” di Luciano Ratto, edizione completamente aggiornata e riveduta anche nel titolo, della prima edizione “Tutti i 4000 - L’aria sottile dell’alta quota” edito nel 2010 da Vivalda Editori.
Il nuovo testo di 192 pagine – prezzo € 25, molto curato nella sua veste grafica, con copertina rigida, non può mancare nella libreria di ogni appassionato di montagna e di conoscenza in genere ed è edito da Edizioni del Graffio di Borgone Susa, con il sostegno del Consiglio Regionale della Valle d’Aosta, con Tuxor come parte di progetto e con la convenzione F.A.I. (Fondo Ambiente Italiano).
Questa nuova edizione è frutto delle ricerche dell’autore con un team di colleghi e amici del C.A.I. sezione di Torino. Ne consegue la completezza del testo su tutti i 4000 delle Alpi e su tutto quanto c’è da sapere in merito, tanto che non voglio svelarvi di più sul suo contenuto, se non invitarvi a leggerlo e sognare grazie alle meravigliose immagini delle quali è ricchissimo questo libro ben rilegato.

Non si può a questo punto non spendere due parole sull’autore Luciano Ratto, che è un alpinista molto noto, non solo per le sue grandi salite ma per esser stato il primo uomo al mondo ad aver “conquistato” tutte le cime alpine che superano i 4000 metri.
Questo grande progetto ha probabilmente gettato le basi per la creazione del “Club 4000” di cui Luciano Ratto è stato co-fondatore insieme a Franco Bianco nel 1993 e di cui è attualmente il Presidente Onorario. Nato nel 1932 a Châtillon (Aosta), è ingegnere industriale, esperto di management, e nell’ambito “montagna”, socio del C.A.I. di Torino dal 1956 e socio onorario della sezione di Châtillon dal 1998.
Nel suo carnet alpinistico vi sono molteplici spedizioni extraeuropee, con la realizzazione di alcune prime ascensioni tra cui il Koh-J-Sharan di 6100 metri, alcune prime ascensioni sulle Alpi, come la diretta della parete est della Grande Rousse, alcune prime invernali, tra cui la Cresta De Amicis al Cervino e innumerevoli ripetizioni, vie di ghiaccio, di roccia e di misto.
È infine coordinatore del gruppo di studiosi che hanno redatto il “Dossier Progetto 8000” sulle più alte vette del nostro pianeta.


Lodovico Marchisio

mercoledì 24 marzo 2021

Ferrata Rucèia

"Prima di giudicare cammina un miglio nelle mie scarpe" ossia fare le proprie valutazioni dopo aver almeno in parte sperimentato empatia ed immedesimazione.
Le origini di questa affermazione sono dubbie. C'è chi sostiene sia un proverbio britannico, qualcuno lo recita sostituendo la parola "scarpe" con "mocassini" e la distanza (un miglio) con un intervallo di tempo tipico dei nativi americani (tre lune) e lo attribuisce appunto ai pellerossa, ma il concetto di fondo non cambia.
Non è mai facile vivere questa esperienza, quando qualcuno ci dice "per favore prova a metterti nei miei panni" non sempre abbiamo davvero intenzione di farlo. A volte riteniamo sia uno sforzo immotivato e non necessario, ci costa fatica e decidiamo non ne valga la pena, altre volte non ne siamo assolutamente in grado per mancanza di esperienza diretta.
In altri casi crediamo di comprendere, basandoci però su conoscenze incomplete e frammentate. Come potrebbe ad esempio un giovane ragazzo di oggi farsi un'idea di cosa significasse la vita di un soldato in una trincea? Non può che basarsi sulle testimonianze scritte, su reperti museali, su ricostruzioni storiche, su rappresentazioni cinematografiche, combinando tutto insieme alla sua immaginazione ma ciò che otterrà sarà con molta probabilità un'approssimazione inaccurata perchè (per fortuna!) non avrà mai la sventura di vivere una tale esperienza sulla propria pelle.

Mi è capitato sovente in questi anni di assistere ad errori di valutazione, da parte di alpinisti, arrampicatori ed escursionisti, nel considerare facile ed alla portata di tutti una via o un sentiero proposto.
Io stesso ho pubblicato post in cui esprimevo un mio giudizio tecnico sul grado di difficoltà di una scalata o di un'escursione, senza troppo accorgermi che tale valutazione veniva effettuata anche sulla base del mio personale grado di preparazione e allenamento, variabile nel tempo.
Inoltre ho potuto constatare, negli anni, quanto la stima della difficoltà del percorso sia inversamente proporzionale al grado di preparazione dell'individuo che effettua tale valutazione: si tende a sottostimare ciò che risulta facile, senza considerare (più o meno consapevolmente) la differenza che ci separa da un neofita.

Ecco spiegato perchè mi trovo spesso in difficoltà quando mi viene chiesto da chi poco pratica la montagna "Sono in grado di percorrere quel sentiero?" "Potrò riuscire ad arrampicare su quella via?" o la più difficile "Per me che soffro di vertigini, sarò in grado di raggiungere quella destinazione?".
Inutile dire che la complessità è data in particolar modo dal fatto che non soffrendo di vertigini, non posso capire quanto possa essere intensa la paura che si prova: è bloccante oppure è solo un lieve capogiro? Avvertirai per tempo chi ti accompagna oppure ti troverai nel bel mezzo del passo decisivo esattamente un istante prima di andare nel panico?
Malgrado tutti gli sforzi, dunque, le capacità di immedesimazione e di empatia hanno un loro limite. Ci si può lanciare in supposizioni, in confronti più o meno comprensibili, in rassicurazioni che tuttavia rimettono al giudizio altrui. 

La ferrata Rucèia che vado ora a descrivere è tutto questo.
Sperimentata in solitaria durante un sabato mattina parzialmente soleggiato ho iniziato arrampicando in maniera totalmente istintiva. Il primo settore parte con un tratto verticale seguito da uno sbalzo di roccia. A seguire alcuni brevi tratti in placca appoggiata intervallati da verticali mai troppo esposte.
Il tutto sempre assistito da lunghe scalette di pioli metallici lunghi o corti.
Nel secondo tratto possiamo trovare un breve traverso a sinistra su un davanzale di roccia di una ventina di centimetri il quale porta nuovamente su una scaletta che si conclude con uno sbalzo sulla destra con cambio inclinazione.
Il terzo tratto, molto breve, supera facilmente un balzo di rocce e permette di raggiungere alcune piccole pareti d'arrampicata.
Il quarto ed ultimo tratto si insinua in un diedro inizialmente più verticale e poi più appoggiato e termina con uno sporgenza rocciosa levigata dal tempo e dagli agenti atmosferici.
Ogni tratto è unito al successivo da brevi sentieri facilmente intuibili tra l'erba e le rocce.

Terminata la ferrata ritorno alla partenza grazie al sentiero che piega a destra e scende rapidamente tra gli alberi, indicato anche da alcuni cartelli di indicazione.
Effettuo nuovamente la ferrata, questa volta con maggiore calma e senza aggrapparmi al cavo d'acciaio per salire, avvenuto occasionalmente nella prima salita. Noto che in ogni tratto c'è sempre almeno un passaggio la cui soluzione è un interessante movimento di equilibrio o di tecnica d'arrampicata. Non saprei dire se ciò sia stato intenzionale o se sia semplicemente casuale. In ogni caso ho trovato apprezzabile che per tutta la lunghezza della via ferrata non sia la forza muscolare la componente fondamentale per risolvere i suoi passaggi chiave e questo mi porta a propendere per ritenere la Via Ferrata Rucèia una ferrata adatta a tutti.
Provando però a "camminare un miglio nelle scarpe altrui" cerco di immaginare la soluzione per i medesimi passaggi chiave senza quelle conoscenze tecniche, frutto dell'esperienza in arrampicata, da cui ho attinto. L'istinto del corpo porta a cercare appigli per le mani nei tratti in appoggiata e ampi appoggi per i piedi lungo le pareti verticali, portando ovviamente a risultati frustranti ed insoddisfacenti in entrambi i casi. Le fessure di gneiss sono presenti ed abbondanti ma occorre avere un po' d'occhio per individuarle, e nei punti in appoggiata l'inesperienza porta a diffidare dell'appoggio in aderenza facendo dubitare della reale tenuta nella posizione corretta.

Ecco dunque come anche la Ferrata Rucèia possa riservare delle sorprese ed ecco perchè il consiglio che sicuramente sento di non escludere mai ad un neofita è quello di farsi accompagnare, alla prima esperienza, da qualcuno in grado di favorire un'ascensione rassicurante e piacevole.

La Ferrata Rucèia situata proprio alle spalle del Parco del Gravio, appena fuori dal centro abitato di Condove in Val di Susa, si presenta come una via ferrata adatta anche ai principianti, semplice e immediata (malgrado i cartelli il tempo effettivo di percorrenza difficilmente si supera il tempo totale di un'ora) ma come ogni altra via ferrata o falesia naturale o anche sentiero di montagna occorre tenere in considerazione le proprie capacità con senso critico e saper valutare ogni possibile difficoltà personale, contemplando serenamente l'idea di ricercare una guida qualificata e con esperienza almeno per la prima ascensione.

Ringrazio Lucrezia e Sara per avermi offerto l'opportunità di guidare il loro gruppo alla scoperta di questo piccolo tesoro della Val di Susa.