giovedì 30 settembre 2021

Perla del mese - Settembre

NEL REGNO DELL'INFINITO

Sulla vetta, che la neve ricopre, candida come l'innocenza, sublime come l'amore, lucente come l'ideale, l'infinito ha assorbito l'essenza e ha lasciato la materia...
La materia è terra... l'anima è il soffio di Dio che a Dio ritorna...
Una luce che non è di questa vita vive nel nostro intimo...
«Male vincetis, sed vincite» (Ovidio).
Nell'ebbrezza che ci pervade esce dal cuore esultante, l'esclamazione del soldato romano: «Hic manebimus optime»...

In desiderio d'immensità e d'azzurro il Gran S. Pietro lancia la sua piramide verso l'alto...
Di fronte a Lui ogni altro è secondo!... S. Andrea, S. Orso, e i Patri o Padri della Chiesa...
In muta preghiera di protezione, oggi come ieri... si stringono al fratello maggiore...
L'anima montanara li ha salutati con il nome augurale di "Apostoli"...

M'immagino l'ignoto battezzatore di questi picchi, un asceta pervaso da alto sentimento religioso... forse un umile trovatore valdostano... Fede e poesia... binomio clarificatore della nostra gente alpina...

Tra poco assisteremo allo spettacolo grandioso del tramonto... Poi ridiscenderemo di alcuni metri la vetta... il primo anfratto di roccia che vorrà accoglierci ci ospiterà questa notte... Domani riprenderemo in pieno Paradiso il nostro pellegrinaggio che per la punta Sud del S. Andrea e un'ardita cresta di neve e lastroni, ci porterà a salutare il Grande Santo, il portiere del cielo...

Eccolo il sole ormai... che sta per andarsene... Gli effetti sopra queste guglie incantate non hanno riscontro che sugli eterni orizzonti del mare: sono veli di fuoco, screzi di luce dorata sui picchi e sui ghiacciai, tremolanti bagliori irraggiati sulla limpidezza cristallina di un cielo purissimo...
Lentamente la costiera degli Apostoli assume l'aspetto di un rogo immenso... le guglie della tormentata cresta di Money sono gli immani candelabri di questa gigantesca cattedrale della terra... Dinnanzi a questo spettacolo che ha del divino, dell'ultraterreno, ripeto anch'io il grido entusiastico del poeta Lamartine, rapito nel vedere in un chiaro mattino dal capo Montenero, il Mediterraneo tutto incendiato dai raggi del sole: È lui, è la vita!... Sì! la vita... La vita che se ne va... ma che domani ritornerà per rinnovare e ringiovanire questo mondo fantastico...
Il rosso delle vette, trascolorando in una gamma di luci evanescenti è scomparso... I ghiacciai, che conservano il segreto di quelli che vi morirono, già dormono il loro sonno millenario...
Atomi di umanità, soli davanti a tanta grandezza, sentiamo come non mai la presenza di Dio...
Mirabilis in altis Dominus!...

E mentre discendiamo mi avviene di ripetere fra me e me l'invocazione di quel purissimo esteta della montagna che fu Jean Coste, perito giovanissimo alla Meije: «Montagne, pourquoi es-tu si belle!»

Dal nostro aereo bivacco sulla cresta nord-est giunge la voce sonora dei torrenti invisibili che scendono a valle, e l'eco degli ultimi campani d'armenti dagli alti pascoli di Teleccio... È questa per gli innamorati dei divini silenzi, l'ora degli inebrianti colloqui con la coscienza rinata nella purità delle nevi eterne... Il grande silenzio della Natura... in questi istanti in cui il Creato pare adagiarsi in una calma grandiosa, mi porta al cuore, con la prima sensazione di tepore che si sprigiona dal sacco a pelo, un gran fremito di bontà e dolcezza...
...L'infinito mi assorbe, è in me, esso è l'eternità stessa del mio essere...
Io sento che le profonde distrazioni sull'infinito sono come un approccio familiare con la morte... L'animo abituato alle grandi meditazioni, giunge ad essa tranquillamente cosciente... E quando il nostro spirito, il nostro vivere pericolosamente, sapranno avvicinarsi con giusto equilibrio al limitare delle due vite, saranno quelli i momenti più degni d'esser vissuti della nostra esistenza...
Cerco invano di prendere sonno... non so se per la giornata laboriosa, ricca di emozioni, o per il pensiero del domani che prevedo allettante, il mio cuore è ripieno di una ineffabile gioia; nonostante la posizione forzatamente scomoda, nonostante il senso di freddo che la roccia repulsiva e gelida comunica al mio corpo, mi viene quasi voglia di gridare: «Fra Leone, scrivi: qui è perfetta letizia...».

L'assopimento mi vince mentre sto ricordando nella preghiera che unisce i Morti ai vivi, nella Comunione dei Santi, i caduti della montagna: quelli di tutti i luoghi e di tutti i tempi... domani forse cadremo noi, noi che abbiamo raccolto la loro sete di altezza e di eroismo con la stessa passione e lo stesso cuore... Ci daremo così la mano e faremo anelli d'una catena, affinché l'amore grande e smisurato della montagna non s'interrompa mai...
Così pochi giorni or sono... su queste montagne... quattro fiorenti giovinezze stroncate dalla morte in agguato sulla punta Patrì... due ufficiali e due sottufficiali della scuola militare d'alpinismo di Aosta... quattro corpi martoriati sul ghiacciaio di Money... quattro barelle scese giù a Cogne e ad Aosta - e una folla immensa che li ha salutati eroi, e la cui preghiera risaliva lenta e tacita, su su verso il cielo...
Tenente Giovanni Dal Lago, aspirante ufficiale Federico Busancano, allievi sottufficiali Mario Briasco e Antonio Forlano... quattro nomi aureolati di luce e di grandezza per il loro ardimento che li spronò a non temere alcuna audacia.

«Alba di sole... sole... tanto sole... sole sulle creste addentellate... sulle loriche di ghiaccio che rivestono i fianchi delle cime... sole nell'anima... Abbiamo ripreso il cammino...».
«Sostiamo ancora un poco sulla vetta» dico al compagno. «È così dolce e bello vivere quassù... soli... in piena serenità di spirito e semplicità».

«Gente che scende dal S. Orso» mi dice egli...
Una cordata di quattro, marcia infatti velocemente verso di noi... Sono ufficiali della Scuola d'Alpinismo d'Aosta... le giubbe a vento spiccano sulle rocce brune come macchie di neve... Per la comune passione che subito affratella gli animi... con un grido cerco di richiamare la loro attenzione... Nessuno risponde... l'eco sola della mia voce che si ripercuote tra le gole vicine... La misteriosa cordata sorda ai miei richiami, si ferma per un istante sull'esile crestina di neve tra le due torri del S. Andrea e del S. Orso... poi con passo veloce... come un fantasma... prende a divallare per la ripida china del ghiacciaio di Money... Mi porto sulla cresta... Non li vedo più... Grido nuovamente... ancora una volta la mia voce si perde nel bianco del silenzio...

Ma il cuore s'arresta... le ginocchia si piegano... in fondo al canalone presso la crepaccia terminale i quattro della cordata, giacciono, i corpi sfracellati, l'uno all'altro legati... L'urlo di raccapriccio che esce dalla mia bocca... mi riporta alla realtà, svegliandomi...
L'incubo è cessato... Il mio compagno - beato lui - ficcato in un buco continua il suo sonno placido... Fortunata gioventù...
L'eternità dei minuti ricomincia il suo tormento... È notte alta... Dalle seraccate della Tribolazione e della Valnontey giungono a trati zaffate d'aria gelida che fan rabbrividire... Tutt'intorno i picchi e le torri, sentinelle di questa coorte di giganti, vigilano nel grande mistero che li avvolge...
Il cielo s'è improvvisamente imbronciato... nuvoloni bigi vagabondano per l'aere fosco con un mareggiare pigro di turbe stanche... Ma tra il Gran Paradiso e la Montandayné in un lembo d'azzurro leggermente recinto di nebbia occhieggiano le stelle di questo regno fiabesco... Sono due... tre... ma ecco ne compare una quarta... Ed io che da fanciullo, nelle veglie nostalgiche di una tiepida stalla, ormai lontana nel tempo, ho appreso come l'anima santa di ogni uomo diventi dopo la morte una stella, che ogni sera si accende vivida in cielo, penso che quella quattro stelle, in quello squarcio d'azzurro siano le anime buone delle quattro giovani vite spezzate dalla Patrì, che aleggiano sulla gelida distesa, sugli abissi di questi giganti nuovamente in mezzo ai vivi... come per il passato...
Ecco perché in montagna non si muore mai!...

[Tratto da Don Piero Solero, Cappellano del Gran Paradiso]

sabato 25 settembre 2021

Monte Buio

Cima dalle forme dolci, ancorché dal profilo ben definito, il Monte Buio s'innalza all'estremità occidentale della lunga dorsale che inizia dal monte Ebro (1700 m), la cima più alta dell'Appennino piemontese, e si allunga prima verso Sud, poi verso occidente, generando una sequenza di vette tra le più frequentate della regione montuosa tra Piemonte e Liguria: il Chiappo, il Cavalmurone, il Legnà, il Poggio Rondino, il Carmo e l'Antola si susseguono a creare suggestive scenografie, verdissime nella stagione estiva.
Dal punto culminante, volgendosi verso il versante piemontese, è possibile godere dello scenario composto di dolci vette e boscose vallate che caratterizzano l'alessandrina Val Borbera: se la giornata è abbastanza limpida, non è raro apprezzare sullo sfondo l'intero arco alpino occidentale, dalle Alpi Liguri al massiccio del Monte Rosa e talvolta anche alle più lontane montagne lombarde. Volgendosi verso la Liguria, il panorama si apre invece sul Mediterraneo, consentendo di apprezzare le navi in rada innanzi al porto di Genova.

La vetta è visibile solo quando si raggiunge la linea di displuvio, confine tra le province di Genova e Alessandria: la s'individua subito grazie alla presenza di una croce metallica di dimensioni ragguardevoli; il simbolo religioso fu collocato sul punto culminante negli anni Cinquanta dal Gruppo Escursionistico di Busalla, popoloso paese della Valle Scrivia noto per la presenza di alcune raffinerie.
La camminata si sviluppa tutta su frequentato sentiero, che sale con decisione nel bosco di latifoglie, dove abbondano faggi e ciliegi.
Tonno, base di partenza dell'escursione, rappresenta un ulteriore elemento d'interesse: il paesino dalle case in pietra offre scorci ameni, tipici di un borgo montano, ma non privo di influssi, toni e colori mediterranei. Per la posizione del Monte Buio, posizione che risente dell'influenza del mare distante poco più di 22 km, si consiglia di effettuare l'escursione nei mesi primaverili e autunnali; si può raggiungere la vetta anche in inverno, purché la neve al suolo sia scarsa o assente.


Il piano iniziale di un'escursione di due giorni tra i sentieri della Valle Pesio è stato stravolto dagli impegni improvvisi, mutando in una semplice camminata di un giorno tra le montagne al confine tra le provincie di Genova e di Alessandria.
Raggiungiamo il piccolo centro abitato di Tonno, dove troviamo un piccolo parcheggio all'inizio del paese, ed attraversiamo le strade strette tra le abitazioni in pietra, non senza aver fatto una rapida scorta d'acqua alla fontana antistante l'accesso alla chiesa.
L'aria è mitigata dal mare ma il sole scalda rapidamente non appena si abbandona l'ombra delle case e degli alberi.
Seguiamo i segni marca-via blu e azzurri che ci allontanano dalle case di Tonno e ci portano in prossimità di un pilone votivo. Svoltiamo a sinistra evitando di proseguire diritti in direzione dell'Antola e prendiamo a salire.
Si giunge a quota 1310 m circa dove incontriamo un altro bivio: proseguendo a destra il sentiero procede verso una cresta in direzione dell'Antola, a sinistra invece il bosco si dirada lasciano spazio ai prati dissodati dai cinghiali.

Dopo circa 250 m ci si imbatte in un altro bivio, questa volta prendiamo la traccia a destra che sale fino alla vecchia croce del monte Buio. Dalla vecchia croce è facilmente individuabile la nuova croce distante da noi meno di 300 m in linea d'aria dove troviamo dei tavoli in legno ideali per fermarci a consumare il pranzo.

Dalla vetta del Buio (1402 m circa) la foschia impedisce di spaziare verso l'orizzonte ma abbiamo comunque una buona visuale dell'Antola e delle cime circostanti, a Sud tra gli alberi si scorgono i tetti di Tonno e Casareggio, i tetti di Carsi dall'altra parte della valle, con le cime del Monte Liprando e del Monte Penzo dove sorge una piccola cappella, fino al golfo di Genova e alla sua area portuale, la valle scavata dal Vobbia e il piccolo paese di Vigogna, e dall'altra parte, sul versante alessandrino, il comune di Berga, il piramidale profilo del Monte Carmo, il Monte Legnà, e ancora più oltre tra Lombardia ed Emilia, il Monte Lesima con il suo radar dell'aeronautica civile.

Ridiscendiamo rapidi lungo il sentiero mentre nuvole foriere di pioggia vanno addensandosi sopra di noi, raggiungendo l'auto appena in tempo per evitare i primi rovesci, che non sembrano intimorire i cinghiali incontrati lungo la strada.
L'escursione al Monte Buio si è rivelata una piacevole passeggiata, semplice e senza eccessi, perfettamente adatta al periodo scelto.

Ringrazio Enrico, Fabio e Paolo per la compagnia lungo il cammino e per le fotografie condivise.