mercoledì 30 novembre 2016

Perla del Mese - Novembre


Arranco in questo tempo
e a mani nude
cerco appigli,

Mani che or
dolgono, sanguinano
ma tengo duro.







martedì 22 novembre 2016

20000 VISUALIZZAZIONI

La voce delle cime ha raggiunto le 20000 visualizzazioni.
Per festeggiare questo avvenimento vorrei condividere alcune "montagne artistiche". Le immagini pubblicate in questo post sono rappresentazioni delle tele di un artista norvegese: Askevold Anders Monsen.
Tra i suoi soggetti preferiti possiamo trovare delle stupende cime dei fiordi nei pressi di Bergen dove abitava.

Queste affascinanti e magnifiche cime montuose hanno suscitato in me una piacevole sensazione, motivo per cui ho deciso di condividerle con i lettori del Blog sperando di farvi dono gradito.

Vi ringrazio ancora per avermi seguito fin qui.
Buona lettura e buon cammino a tutti voi.






































sabato 19 novembre 2016

Falesia La Baita di Viù

La palestra di roccia La Baita si estende su una vasta area alle spalle del piccolo paese di Ambrosinera, immersa in un incantevole bosco di faggi e betulle.
Si tratta di un complesso composto da numerosi settori, con vie per ogni gusto e livello, che non ha nulla da invidiare alle più note falesie della zona.

Prendiamo per esempio il settore "Mirtillo": abbiamo delle vie come OASI (3a), CIUFFO (3b), SOLE (3b) e SERPE (3c) semplici vie da percorrere in appoggiata, ideali per familiarizzare con la roccia e il movimento...seguite da vie come BUKO (4a) e MELISSA (4b) che offrono divertenti passaggi, cambi di inclinazione mai troppo problematici e più in generale un piacevole svago in perfetta armonia con la semplice progressione fondamentale frontale...si prosegue con CINGHIA (5a), BORDO (5a), AREM (5a), FORZA (5b) e OK (5c) per mettere maggiormente alla prova le dita ma senza eccessi, per emozionarsi un po' superando il loro leggero strapiombo e ricercando appigli diversi, talvolta provando e riprovando un passaggio alla ricerca del movimento più semplice ed elegante...per finire con SOTTO (6a) dove il movimento è più ricercato ed attento su una roccia leggermente più ricoperta di licheni (Parmelie?).

Descrivendo gli altri settori non farei che ripetermi: buona roccia, area di sicura abbastanza ampia e comoda, ottimi spit, soste attrezzate e ben distanti tra loro, vie emozionanti che invitano a scalare e a sperimentare, ambiente piacevole e riservato...forse proprio sull'ambiente sarebbe giusto spendere qualche parola in più perchè se da un lato può essere positivo poter contare su un ambiente tranquillo e non troppo affollato, dall'altro lato ci si domanda: perchè una palestra di roccia così bella ed attrezzata è così poco segnalata? Non ci sono cartelli che indichino di svoltare verso Ambrosinera e Mortera per raggiungere la meta, il piazzale per il parcheggio custodisce un pannello informativo vuoto che indica la presenza in passato di una mappa o del regolamento della palestra di roccia solo con i segni della colla rimasti sul legno, la strada sterrata che si immette nella faggeta non reca segnali di nessun tipo e si fatica a comprendere la direzione da seguire per raggiungere un determinato settore affidandosi un po' all'istinto e un po' ai disegni didascalici pescati dal web.
I vari settori di arrampicata sono di conseguenza difficili da trovare ed alcuni dei loro pannelli informativi sono vecchi, incompleti o quasi totalmente ricoperti dalla vegetazione.

Mi torna alla mente il commento del mio caro vecchio professore di meccanica durante i colloqui genitori-insegnanti: "Potrebbe fare di più" una frase sentita così spesso da diventare un cliché di questi incontri tra le famiglie ed i docenti, come "È bravo ma non si applica".
La falesia La Baita è un'ottima area per l'arrampicata ma viene forse un po' trascurato il suo enorme potenziale, è una risorsa preziosa ma la sua gestione potrebbe valorizzarla di più.
Comprendo la difficoltà di occuparsi di una palestra di roccia che sorge all'interno di una proprietà privata ma temo che ciò porti ad un suo utilizzo minimo e misero, e si perderebbe l'occasione di poter davvero fare di più e meglio.

Con i dovuti accorgimenti La Baita può presentarsi come una straordinaria palestra di roccia, valida ed adatta a tutti.
Non posso che augurarmi il meglio per questa falesia e ringraziare Amelia, Cristina, Giorgia e Riccardo per la giornata trascorsa insieme, i biscotti ed il crepuscolo al Lys.

Ringrazio inoltre Riccardo per avermi fornito questa bellissima presentazione di immagini.

















domenica 13 novembre 2016

Cappella San Rocco di Nervi

Spesso tra amici si parla di impegni e programmi futuri. Quando presentiamo agli altri l'intenzione di andare da qualche parte in vacanza capita sovente che ci venga consigliato un ristorante, una trattoria o un posto dove soddisfare la nostra golosità. Niente di male, anzi molte volte questi consigli finiscono per farci scoprire un piccolo tesoro enogastronomico altrimenti difficile da individuare.
Conosco anche io molti posti in giro per il Piemonte e l'Italia che consiglierei caldamente per appagare il palato, ma non è questo il blog giusto.
Qui preferirei consigliarvi un punto panoramico/storico che ho trovato molto interessante se vi capitasse di trovarvi dalle parti di Nervi a Genova.

Partendo dalla stazione ferroviaria di Nervi attraversare il Parco di Villa Gropallo e raggiungere la SS1 e poi deviare a sinistra per Via Sant'Ilario.
Procedere in salita per due tornanti fino a raggiungere la Chiesa di Sant'Ilario e proseguire ancora in salita lungo Via dei Marsano e Via Nora Massa godendoci la vista del mare e del porticciolo di Nervi alla nostra sinistra.
Al termine della strada incontreremo la Cappella di San Rocco di Nervi.
Una fontana al lato del piazzale potrà darci ristoro insieme all'ombra dell'ingresso della cappella.



Eretta per voto nel 1350 sulle alture di Nervi, la chiesetta di San Rocco è citata negli scritti della antica visita pastorale di Mons. Bossio del 1582.

Secondo la tradizione, nel secolo XI, in occasione della liberazione del Santo Sepolcro, vene qui innalzata una grande croce.
Dopo oltre un secolo sorse un Pilone con l'immagine della Madonna. Qui accorrevano coloro che sfuggivano alle incursioni saracene.
Tra il 1656-1657 la chiesa fu anche utilizzata come lazzaretto per la peste (probabilmente la devozione e il titolo di San Rocco sono da attribuirsi a questo periodo).
Nel 1726 fu ampliata con l'aggiunta della sacrestia e nel 1821 con il pronao.
L'altare in marmo è del 1749 e a tale epoca risale anche la pala di San Rocco.
Gli altari laterali furono eretti in epoche diverse: nel 1894 quello dedicato alla Madonna di Lourdes e nel 1942 quello della Madonna della Guardia.
A proposito della devozione alla Vergine della Guardia, dai documenti si sa che era già viva presso questa cappelletta dal 1641.
La collezione degli ex voto della cappella è attualmente custodita nel Museo della Parrocchia di San Siro, da cui la Cappella dipende.

Nel quadro (sec. XVIII, Autore ignoto) posto sopra l'altare maggiore, campeggia la Vergine Maria assisa in trono col Bambino ritto sul ginocchio destro. Ai lati del trono stanno: a destra, in piedi, S. Bartolomeo e, col ginocchio piegato, S. Rocco; a sinistra, in piedi, S. Sebastiano, e, inginocchiato, S. Antonio Abate.
I Santi sono dipinti secondo le rispettive caratteristiche di riconoscibilità e tutti fanno riferimento alla protezione dalla peste:

  • S. Bartolomeo Apostolo tiene in mano il coltello, lo strumento del suo martirio.
  • S. Sebastiano tiene in mano la palma (simbolo della vittoria dei martiri) e porta due frecce confitte nel corpo.
  • S. Rocco è vestito da pellegrino (cappello largo per proteggersi dalla pioggia e dal sole, tunica rossa, simbolo dell'amore divino, mantello verde, corda come cintura, bisaccia, bastone e conchiglia marina per attingere acqua) e ha accanto il cane che porta il pane in bocca (secondo la tradizione l'avrebbe sfamato quando si ammalò di peste).
  • S. Antonio Ab. è vestito da monaco, è appoggiato ad un bastone a forma di "Tau" e ha ai piedi un cinghiale col muso al suolo (simbolo delle tentazioni che dovette subire e vinse).È raffigurato anche col fuoco in mano perchè in ambiente celtico assunse la funzione di "custode dell'inferno", capace di salvare le anime che stavano dannandosi e "padrone del fuoco". Per questo fu ritenuto anche il padrone di quel fuoco metaforico che è l'herpes zoster (Fuoco di Sant'Antonio), curato nell'ospedale attiguo al suo convento.

In alto, ai lati e al di sopra della S.S. Vergine e del Bambino, sono sei Cherubini.