Il cortile della vostra scuola materna...la stanzetta dell'oratorio dove Suor Rosa svolgeva le lezioni di catechismo per la Prima Comunione...il giardinetto pubblico dove altalene e strutture diventavano, in base alla necessità, un castello magico, un galeone pirata o una base segreta per supereroi...
Una delle prime sensazioni che si provano osservando questi posti oggi è come tutto sembri decisamente più piccolo. Il cortile della scuola che prima rappresentava un mondo da esplorare ora si presenta come se avesse subito un ridimensionamento eppure è sempre lo stesso. L'aula del catechismo pare sia finita in lavatrice per una serie di lavaggi ed ora si è ristretta di un paio di taglie. Hanno cambiato banchi e sedie, rinnovato il cartellone con i dieci comandamenti illustrati...solo Suor Rosa inspiegabilmente sembra vivere fuori dal tempo, rimanendo perfettamente identica (ma come ci è riuscita?) e riconoscendoti senza alcun problema a distanza di vent'anni.
L'aspetto del giardino è notevolmente cambiato: il vecchio scivolo di ferro, con la sua tremenda inclinazione che terminava quasi a spigolo, il castello di tubi e l'altalena di catene sono stati sostituiti da funzionali strutture in legno con ponticelli e scivoli ampi e comodi, il tutto montato su una morbida pavimentazione anti-trauma...e si prova una grande invidia nei confronti del bambino che può giocare tranquillo anche in pieno agosto, mentre per noi, dalle due di pomeriggio fino alle quattro, ogni gioco in ferro esposto al sole diventava semplicemente intoccabile altrimenti si rischiava una bruciatura alle mani o sui polpacci scoperti dai pantaloncini corti.
La sensazione che tutto si sia ridotto nelle dimensioni, che tutto appaia meno imponente è esattamente ciò che ho provato ripercorrendo, dopo tanti anni, il sentiero che da Sant'Antonino porta a Colle Bione.
Avevo effettuato questa camminata circa tredici anni fa, percorrendo il sentiero fianco a fianco con Marco. Quella camminata aveva consolidato non poco la nostra amicizia.
Un'escursione classificata come E che richiede comunque un certo impegno con un dislivello complessivo che supera di poco i 1000 metri risalendo lungo il versante nord della montagna in un fitto bosco di faggi, larici e castagni.
Partendo dal comune di Sant'Antonino imbocchiamo via Maisonetta che porta alla omonima frazione, ormai inglobata nel centro abitato.
La strada piega a destra e diventa Via Cresto serpeggiando in salita con diversi tornanti fino alla borgata ed al suo piazzale da dove un pannello informativo indica il sentiero 505A per proseguire verso Colle Bione. È possibile comunque raggiungere il piazzale di Cresto anche in auto.
Il sentiero è ben segnato, e procede quasi con la stessa pendenza fino alla fine, su una mulattiera evidentemente ben battuta all'ombra del bosco, incrociando sporadicamente la strada sterrata e carrozzabile che raggiunge Case Cattero, oltrepassa Rio Arpiat e prosegue verso Folatone.
Dalla strada asfaltata poco prima di Cresto si sviluppa il sentiero 505 ma simile al primo sentiero descritto per pendenza, lunghezza e difficoltà, che a quota 703 m si ricongiunge al percorso effettuato, evitando l'attraversamento del Rio della Trona.
Si raggiunge Pian del Rocco a quota 877 m dove si trova un punto acqua nei pressi della casa "La Riposa", il sentiero poi passa tra le case, supera il piazzale in alto e riprende in mezzo al bosco con una salita sempre abbastanza costante.
Sorpassata Villa Billia a quota 1030 m raggiungibile anche con una strada carrozzabile evidentemente poco battuta, si apre uno spazio tra gli alberi (ora con una percentuale di conifere maggiore) dove è visibile il Rocciamelone e le montagne limitrofe. Più a destra Punta Lunella e sotto di noi si possono individuare i paesi di Borgone, San Didero e Bruzolo a fondovalle.
Il sentiero a quota 1115 m costeggia per un tratto una sterrata poi riprende in salita oltrepassando Fontana Martino ed infine raggiunge Colle Bione.
Giunti sulla sommità del colle subito salta all'occhio la meravigliosa Cappelletta dedicata alla Madonna della Neve con il suo immenso carico di ricordi. Anche lei, come Suor Rosa, è rimasta esattamente come nella mia memoria (deve essere una prerogativa esclusiva delle persone e dei luoghi di fede!) qui non siamo su una cima isolata ed il numero di escursionisti ai tavolini dell'area pic-nic, giunti qui a piedi...in bici...persino a cavallo...è alto. Difficile vivere questo luogo cercando una pace interiore e solitaria ma il contatto con la pietra fredda della cappelletta risveglia nostalgici momenti del passato difficili da dimenticare.
La Cappelletta fu edificata nel 1900 (prima si poteva trovare solo un pilone votivo dedicato alla Madonna dell'Aiuto) su progetto di Giovanni Di Gregorio, detto Giôanin Gori, abitante di una borgata di Coazze.
Secondo la storia Giovanni fu colpito da una grave malattia e si affidò alla Madre del Cielo alla quale fece voto di recarsi a piedi al Rocciamelone per nove anni se fosse guarito.
La malattia lo abbandonò e Giovanni mantenne la promessa fatta recandosi ogni anno sulla vetta più nota della Val di Susa per otto anni consecutivi.
L'ultimo anno non riuscì a compiere l'ascensione e così decise di costruire, con il consenso di Don Biagio Garino che lo sciolse dal voto, una cappelletta dove sorgeva il pilone votivo.
Il 13 Giugno 1901 i lavori furono ultimati e la cappelletta venne consacrata davanti ai fedeli partiti in processione dalla Parrocchia dell'Indritto.
Il suo aspetto non era ancora quello che oggi conosciamo poichè la struttura non disponeva ancora del porticato esterno. Fu uno dei figli di Giovanni, tornato dal servizio militare, a proporne la costruzione che a partire dal 1904 rese la cappelletta molto simile a quella edificata al vicino Pian dell'Orso.
L'ombra fornita dal porticato della cappelletta e la fresca acqua che sgorga dalla fonte situata al termine dell'area pic-nic offrono un buon ristoro al termine della salita. Un pilone porta il pensiero ai giovani caduti per la liberazione del Paese, l'aria pulita (aromatizzata dal profumo di carne alla brace dei campeggiatori) è piacevole. Difficile riprendere il cammino senza provare una forte voglia di restare lì appoggiati al muro della cappelletta in silenzio da soli, con la sola compagnia del bosco che circonda il piano erboso.
La salita a Colle Bione è stata per me un dolce tuffo nel passato, facendomi rivivere momenti che conservo tra i ricordi più cari.
Ringrazio i ragazzi del Reparto che mi hanno seguito in questa escursione.
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