L'escavazione e la lavorazione del marmo bianco sulle montagne dell'entroterra nei pressi di Massa e Forte dei Marmi è stata, fin dall'epoca romana, una delle attività di primaria importanza nel panorama economico prima regionale e poi nazionale.
Le Alpi Apuane, sulle quali si concentra la principale parte dell'attività estrattiva, si formarono circa 65 milioni di anni fa, su una base di rocce metamorfiche a loro volta derivanti da sedimenti argillosi e sabbiosi dell'Era Paleozoica. Con il passare delle ere queste rocce sono state dapprima sommerse dal mare e da numerosi strati di sedimenti: carbonatici, di natura organica, calcarei e silicei.
25 milioni di anni fa i blocchi continentali situati tra il mare e l'appennino hanno cominciato a spingere l'uno contro l'altro comprimendo la successione di depositi marini appena descritta; la compressione e le alte temperature formarono il marmo e tutte le altre rocce che sono ora presenti sulle Apuane. L'emersione dal mare e il loro sollevamento fu più recente (15 milioni di anni fa) e portò alla luce un'area estesa circa 55 km e larga quasi 23 km.
Ma le Alpi Apuane non sono soltanto il giacimento di uno dei marmi più pregiati ed apprezzati al mondo.
La loro formazione così caratteristica e il sistema carsico nascosto sotto le cime possono offrire a turisti, speleologi ed appassionati di minerali, geologia e grottismo una vasta gamma di attività di grande interesse.
Tra le più semplici ma molto interessanti, specialmente a livello didattico, possiamo trovare le miniere mercurifere di Levigliani, situate in località Riseccoli a quota 500 m circa.
La mineralizzazione di Levigliani è incassata nel basamento paleozoico del Complesso metamorfico delle Alpi Apuane, dove compare sottoforma di disseminazioni o in vene quarzoso-carbonatiche. I filoni sottili, ma continui in tutto il giacimento, si mantengono paralleli alla scistosità di piano assiale (o foliazione metamorfica principale). Siamo in presenza di un'interessante e rara paragenesi a solfuri di mercusio, zinco, ferro e bismuto. I minerali mercuriferi (cinabro, metacinabro, sfalerite, ecc.) sono totalmente inclusi in rocce vulcano-sedimentarie d'età ordoviciana (filladi verdi associate a metabasiti), metamorfosate durante l'orogenesi ercinica ed alpina. Di particolare rilievo è soprattutto la diffusione nel giacimento del mercurio nativo, facilmente rinvenibile in gocce metalliche lungo le vene di quarzo.
Inoltre, si ritrovano qui altri minerali rari, se non proprio esclusivi. Ne sono un esempio la leviglianite, una varietà zincifera della metacinnabarite e soprattutto il calomelano, un cloruro di mercurio che ha reso famosa questa miniera. Di recente è stata scoperta una nuova specie mineralogica, la grumiplucite (HgBi2S4), un solfosale di mercurio e bismuto, in piccoli cristalli prismatici aciculari, di colore grigio-metallico e striati secondo l'allungamento.
Le miniere di Levigliani non sono soltanto un'occasione per poter osservare, lungo le vene di cinabro, piccole gocce di mercurio nativo, o "argento vivo" come veniva anticamente chiamato il metallo, ma offrono anche un'oppurtunità di riscoprire e ricordare le difficoltà delle problematiche condizioni di lavoro del minatore alle prese con l'attività estrattiva.
L'avvicinamento alle miniere non è impegnativo sebbene gli ingressi delle due miniere non siano vicini l'uno all'altro e richiedano qualche minuto di cammino. La visita complessiva non dura più di un paio d'ore.
Le ridotte dimensioni dei passaggi obbligano a procedere in fila ma non recano disturbo a chi patisce gli spazi troppo ristretti. Una gita nel complesso breve ma interessante, assolutamente da non perdere.
Ringrazio i soci del GISM che hanno partecipato alla visita.
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