È il 1913 quando dalle Alpi Occidentali sparisce l'ultimo esemplare di gipeto (Gypaetus barbatus) vittima della caccia spietata da parte dell'uomo perchè ritenuto erroneamente pericoloso per le mandrie e nocivo per gli allevamenti, al punto da guadagnarsi l'appellativo di "avvoltoio degli agnelli".
Da allora, grazie ad una maggiore consapevolezza ambientale e al duro lavoro di allevatori esperti, il gipeto sta tornando gradualmente a ripopolare le nostre montagne, ripristinando poco a poco il delicato equilibrio che costituisce l'ecosistema delle terre alte.
«È un lavoro complesso» mi spiega Daniele Reteuna, presidente dell'Associazione Naturalistica Le Gru «Ci sono volontari addestratori che si dedicano alla ricerca degli esemplari per la nidificazione e l'accoppiamento, poi curano l'addestramento dei piccoli per riportarli in natura dopo qualche giorno di cattività prima dell'involo.»
L'Associazione Naturalistica Le Gru è nata inizialmente per effettuare controlli e monitoraggi dei migratori, in particolare della gru.
Nel 2006 la presenza del gipeto nelle Valli di Lanzo è tornata regolare, dopo anni di caccia, e l'Associazione ha creato una sezione specifica per il monitoraggio del rapace barbato.
«Dietro questo lavoro c'è un progetto internazionale nato in Austria e che poi si è collegato alla Francia, alla Svizzera, poi all'Italia e successivamente alla Spagna.» spiegano ancora i volontari
«Siamo diventati referenti per questa parte del territorio di osservazione, eseguiamo analisi ed osservazioni e trasmettiamo il materiale alla sede di raccolta dati per le Alpi Occidentali che è il parco delle Alpi Marittime. In seguito i dati vengono poi trasmessi nella sede centrale in Austria.»
A partire dal 2012 il Comune di Balme ha fornito all'Associazione un ufficio in una struttura proprio nei pressi del municipio per il ritrovo e le attività organizzative dei volontari, nel 2016 è stata concesso anche un piccolo spazio espositivo per il materiale raccolto da soci e volontari nel corso degli anni.
«In principio era un'esposizione mobile, ora è fissa. Dal 2006 ad oggi abbiamo raccolto più di mille osservazioni del gipeto, molti esemplari li riconosciamo per la colorazione del piumaggio sulle ali, o dalla caratteristica mascherina nera che contorna gli occhi e che si prolunga sotto il becco fornendogli l'appellativo di "barbato". Con i soci assegniamo ad ogni rapace un nome, per facilitare il monitoraggio lungo i loro spostamenti: il territorio di caccia del gipeto infatti può essere molto ampio e alcune volte ricoprire un'area di circa 300 km² di estensione. Il gipeto è un necrofago, elemento molto importante quindi nella catena alimentare, e predilige nutrirsi delle ossa delle carcasse, che frantuma con il becco oppure lasciandole cadere dall'alto sulle rocce, ma non è raro osservarlo ingoiare grandi ossa anche intere.»
La visita al museo non richiede molto tempo e a mio avviso non dovrebbe mancare nel programma delle gite delle scuole primarie della zona, al fine di sensibilizzare le future generazioni alla salvaguardia delle specie a rischio.
Per gli adulti esiste anche un altro modo, semplice ma efficace, per sovvenzionare l'Associazione Naturalistica Le Gru e aiutare i soci ed i volontari nel loro lavoro: iscriversi inviando tramite Conto Corrente postale un importo di 5,00 € come Socio Ordinario oppure di 25,00 € come Socio Sostenitore. Tutti i dettagli sul sito ufficiale dell'associazione.
Sono piccoli gesti ma che possono aiutare e favorire il ritorno del più grande avvoltoio delle Alpi a sorvolare come una volta il cielo sulle nostre montagne.
L'ingresso al museo è gratuito.
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