mercoledì 27 ottobre 2021

Lago del Vej del Bouc

Ho già avuto occasione, in precedenti post, di parlare della bellezza dei laghi in montagna.
Molti degli itinerari pubblicati sul Blog hanno un lago come meta finale o come tappa intermedia di un percorso.
Questo perchè i laghi in montagna per me hanno il potere di incantare chiunque li osservi. È difficile comprendere cosa ci sia di così intrigante in una massa d'acqua bloccata tra alture, che non può scorrere da nessuna parte, che resta (almeno in apparenza) immobile ed immutata nel tempo, il cui compito sembra quello di mostrarci un riflesso capovolto del mondo quotidianamente sotto i nostri occhi.
Eppure fin dalla notte dei tempi numerosi laghi hanno generato straordinarie leggende: sono dimora di mostri preistorici, sono spettatori di duelli mitologici, sono abitati da creature incantate benevole che aiutano sovrani e cavalieri oppure maligne che ghermiscono fanciulle o trascinano nei limacciosi fondali tesori inestimabili.

C'è un lago, tra i tanti che adornano le nostre montagne, per il quale nutro un affetto speciale, per la leggenda che descrive la sua origine ma soprattutto per le bellissime atmosfere che rievoca nei miei ricordi quando ammiro le sue sponde. Il Lago del Vej del Bouc.

Al lago è associata la leggenda del Vej del Bouc ("il vecchio del caprone"), che narra di un vecchio saggio ritiratosi a vivere quassù, in compagnia di un caprone, dopo una agiata vita in città. Morto l'animale, unico amico e conforto, poco dopo si spense anche il vecchio. Il Torrente Gesso, impietosito dai due corpi inanimati, li ricoprì con le sue acque dando origine al lago. Ed in effetti fece un bel lavoro, considerato che il Lago del Vej del Bouc è uno dei più estesi della Valle Gesso di Entracque, con una lunghezza di oltre 450 metri ed una larghezza massima di 200 metri.

La prima volta che raggiunsi questo lago ero un ragazzino. Mi affascinò moltissimo la sua posizione, le ripide sponde laterali, le sfumature verdi del fondale, le rocce che sbarravano il percorso dell'emissario prima di permettergli una lunga successione di salti verso il fondo della valle in direzione di S. Giacomo e del lago artificiale di Entracque.
A quei tempi non disponevo di una fotocamera e col passare del tempo il ricordo del lago era diventato gradualmente meno nitido, dovendo fare affidamento unicamente alla mia memoria e a poche fotografie ormai perdute.

Cogliendo quindi l'opportunità di percorrere nuovamente quell'itinerario ho preferito ricorrere all'aiuto di qualcuno in grado di immortalare quel leggendario specchio d'acqua meglio di quanto io potessi mai essere in grado di fare.
Partiamo dunque (decisamente in ritardo a causa della mia scarsa preparazione) alla volta di Entracque, rallentati anche dal traffico sostenuto lungo le strade, e prendiamo a salire alla volta di S. Giacomo dove troviamo esiguo spazio di parcheggio tra le numerose autovetture nei pressi dell'area pic-nic e del ponte sul Torrente Gesso della Barra.
Lasciamo l'auto e iniziamo a camminare alla volta della Casa Reale e delle ex-palazzine di caccia reali di S. Giacomo, dietro le quali troviamo una magnifica fontana.
Ci assicuriamo di avere abbondante scorta d'acqua e procediamo nel bosco fino al Prà del Rasur dove troviamo ad accoglierci una famiglia di camosci. Il sentiero procede ora sulla destra orografica del torrente, fino al Gias sottano del Vej del Bouc dove un cartello indica di prendere il sentiero a sinistra che sale con maggiore decisione in direzione di un paio di macchie boscose, a circa 1500 e 1600 m di quota, ottime per un ristoro all'ombra degli ultimi alberi che troveremo fino alla nostra destinazione finale.

Il sentiero procede lungo il fianco del vallone con numerosi tornanti che si avvicinano gradualmente allo scrosciare del torrente.
Mentre salgo non posso fare a meno di rievocare nella mente i ricordi di quello stesso sentiero molti anni fa. Sembra così diverso eppure così uguale: il sole colpisce impietoso allo stesso modo, c'è più silenzio fatta eccezione per i fischi delle marmotte e per il passaggio occasionale di un elicottero, probabilmente diretto al Rifugio Soria-Ellena, nascosto alla nostra vista da un prolungamento del Gélas (3143 m), le rocce del Passo Carboné, sopra le nostre teste, sembrano più logore e stanche, ma forse si tratta di un riflesso delle attuali condizioni del mio spirito provato da questo lungo difficile periodo. Cerco dunque di trarre forza dal torrente che invece pare non aver perso neppure un barlume del suo vigore e con rinnovata energia aumento il passo.
Intorno ai 2000 m di quota i tornanti cessano di farsi tanto insistenti e il sentiero perde pendenza, il cielo sopra di noi prende spazio come se avesse forzatamente separato le cime sopra di noi ed ecco più avanti palesarsi il lago. Incantevole come lo ricordavo, gli sorrido come farei rivedendo un vecchio amico.

Consapevole del suo potere magnetico sapevo in cuor mio che non avrebbe lasciato indifferente la mia compagna d'escursione, la quale infatti, nonostante l'orario e l'appetito, mette mano alla macchina fotografica prima che al pranzo al sacco.
Accanto a noi sulla sponda altri escursionisti sono in silenziosa contemplazione come pellegrini in preghiera. Dopo il pranzo lasciamo loro rispettosamente un po' di spazio incamminandoci in direzione dell'immissario dall'altra parte del lago, dove aggiriamo una zona di torbiera e troviamo anche uno spazio adeguato per sistemare la tenda.
Con la graduale diminuzione della luce solare il lago muta sfumature, il verde smeraldo passa alle tonalità degli aghi di pino, al verde opaco delle bottiglie dimenticate troppo a lungo nelle cantine.
Al sopraggiungere del buio purtroppo il cielo si vela di nuvole lattiginose impedendo alle stelle di specchiarsi sulla superficie del lago che invece si fa scuro come una palpitante creatura d'inchiostro.

Al mattino ci accolgono le nuvole che ora si sono addensate tagliando tutte le montagne sopra le nostre teste ed avvolgendo il lago conferendogli l'aspetto di uno specchio appannato.
Decidiamo dunque di smontare rapidamente prima del sopraggiungere della pioggia e scendiamo rapidamente di quota, non prima di una breve tappa alla parte terminale del lago. Poco lontano infatti si trova una spianata erbosa dove ricordo di aver montato la tenda da ragazzo, anni fa, la prima volta che raggiunsi questo posto. Ma ciò che trovo è decisamente diverso da quello che ricordavo: nella parte più alta, proprio nei pressi di alcune rocce montonate, è stato eretto un casotto di sorveglianza di realizzazione abbastanza recente a giudicare dall'aspetto. Nella parte più bassa il prato è stato rimpiazzato da una torbiera di ampie dimensioni. 
Tento vagamente di fissare nella mente i fluttuanti ricordi di quel tempo, ma non riuscendo nell'impresa sospiro e mi volto di nuovo verso il lago, ora sempre più contornato di nubi basse. Lascio perdere i ricordi, in fondo non è così importante tornare a quei giorni. 
Sono tornato al Lago del Vej del Bouc, era ciò che desideravo fare da diverso tempo, e tanto mi basta.
Sistemo gli spallacci dello zaino e si riparte per la discesa.

Lungo la via del ritorno ci imbattiamo in qualche marmotta incuriosita dalla nostra presenza, cogliamo l'occasione per immortalarle prima di raggiungere l'auto e riprendere la strada verso casa.
Il Lago del Vej del Bouc resta una piacevole destinazione per un'escursione, consiglio di effettuarla in tarda estate, con giornate non troppo torride, e munendosi di abbondante scorta d'acqua.

Ringrazio Chiara per la compagnia lungo il cammino e per le fotografie condivise in questo post.
























































































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