Articolo a cura di Marco Blatto
Il tema: “Comunicare e raccontare la montagna” può sembrare banale, addirittura scontato per un’accademia come la nostra, che da quasi cento anni restituisce il mondo delle altezze e delle terre altre attraverso la letteratura, la pittura, la fotografia, il cinema, la scienza e l’alpinismo vissuto come esperienza ideale e totalizzante.I tempi che viviamo, tuttavia, ci dimostrano che non è per niente un tema scontato e che è proprio la comunicazione di montagna a mostrare segni di sofferenza. La diffusione delle riviste cartacee, un tempo vero pilastro dell’informazione e veicolo di cultura alpina e dell’alpinismo, ha ceduto il posto al variegato e capillare mondo del web.
Possiamo senz’altro affermare che i temi alpini siano oggi diventati alla portata di chiunque.Un cambiamento che offre indubbi vantaggi avendo però sovente come contraltare una banalizzazione e una superficialità diffuse, un giornalismo generalista sempre di più alla ricerca del sensazionalismo e, mal celatamente, contento di alimentare un dibattito sempre polemico e poco competente. La diffusione dell’idea di una “montagna per tutti”, corrisponde altresì a una maggiore attenzione che la “società” riserva a questo nostro mondo rispetto a un tempo. Purtroppo, quest’attenzione è accompagnata da una semplificazione etica spicciola, per esempio riguardo al tema “sicurezza”, con gli incidenti che sono in costante aumento.
Se da un lato questa crescita è fisiologica, dall’altro si finisce col trasformare un “fenomeno sociale” in un “allarme sociale”, scandito dai giudizi talvolta impietosi di schiere d’opinionisti sempre più estranei alla montagna, dall’invocazione di divieti, regole e sanzioni. Una situazione che è strettamente collegata al tema delle libertà e che rischia di condurre a conseguenze negative per tutti. Anche gli appassionati “tradizionali” di montagna, che utilizzano i social media, sono diventati parte di questo meccanismo e si sono adagiati alla necessità di una comunicazione maggiormente basata sull’immagine. “Storie” e “reel” hanno sostituito la narrazione, la condivisione delle emozioni attraverso le parole, con la scusa che i social non sono fatti per dilungarsi nella scrittura. Ci si sofferma all’impatto visivo, all’apparenza, spesso ricorrendo a fotografie che non hanno neppure più un gran valore semantico. Certamente lo scopo è di procurare il consenso immediato di amici virtuali.
Una certa resistenza culturale è offerta dai web journal di montagna e dai blog, che si sono inseriti nel vuoto editoriale cartaceo, continuando a puntare sulla competenza e proponendo contenuti di altissima qualità. Vi è poi il fenomeno delle “community alpinistiche”, piattaforme di utile scambio d’informazioni – in tempo quasi reale – sulle condizioni delle vie in montagna, del ghiaccio, della neve, dove però è necessario creare una progressiva rete di fiducia con chi sta dall’altra parte di uno sconosciuto nickname e senza che questo tipo d’informazione si sostituisca del tutto alla necessaria valutazione personale.
Quale ruolo per il G.I.S.M. - Gruppo Italiano Scrittori di Montagna - in un mondo in così continua evoluzione?Da sempre il nostro gruppo, più di qualsiasi altra associazione o istituzione alpina, ha fatto del racconto della montagna il perno centrale della sua esistenza, nel segno di un ideale e nella convinzione che la conoscenza sia il cardine di ogni processo evolutivo.Il nostro compito è continuare a farlo essendo i protagonisti e i promotori di una comunicazione “etica”. Non solo affrontando i temi a noi cari e le sfide cui saremo chiamati a rispondere con competenza ma promuovendo un “rinascimento alpino”, contro ogni tentativo di banalizzare la montagna, di trasformarla in un mondo senza ideali e asservito alle logiche del mercato.Una dimensione in cui si fa largo la rissa mediatica ed è in incubazione la tentazione del controllo e della “norma”. L’annuario “Montagna”, che oso definire una rivista di cultura alpina a tutto tondo, è la sintesi di questa volontà di accettare la sfida dei nostri tempi forti dei solidi ideali del passato.
Laddove si sentirà il bisogno di raccontare la montagna, il G.I.S.M. ci sarà.
Marco Blatto
Il tema: “Comunicare e raccontare la montagna” può sembrare banale, addirittura scontato per un’accademia come la nostra, che da quasi cento anni restituisce il mondo delle altezze e delle terre altre attraverso la letteratura, la pittura, la fotografia, il cinema, la scienza e l’alpinismo vissuto come esperienza ideale e totalizzante.
I tempi che viviamo, tuttavia, ci dimostrano che non è per niente un tema scontato e che è proprio la comunicazione di montagna a mostrare segni di sofferenza. La diffusione delle riviste cartacee, un tempo vero pilastro dell’informazione e veicolo di cultura alpina e dell’alpinismo, ha ceduto il posto al variegato e capillare mondo del web.
Possiamo senz’altro affermare che i temi alpini siano oggi diventati alla portata di chiunque.
Un cambiamento che offre indubbi vantaggi avendo però sovente come contraltare una banalizzazione e una superficialità diffuse, un giornalismo generalista sempre di più alla ricerca del sensazionalismo e, mal celatamente, contento di alimentare un dibattito sempre polemico e poco competente. La diffusione dell’idea di una “montagna per tutti”, corrisponde altresì a una maggiore attenzione che la “società” riserva a questo nostro mondo rispetto a un tempo. Purtroppo, quest’attenzione è accompagnata da una semplificazione etica spicciola, per esempio riguardo al tema “sicurezza”, con gli incidenti che sono in costante aumento.
Se da un lato questa crescita è fisiologica, dall’altro si finisce col trasformare un “fenomeno sociale” in un “allarme sociale”, scandito dai giudizi talvolta impietosi di schiere d’opinionisti sempre più estranei alla montagna, dall’invocazione di divieti, regole e sanzioni. Una situazione che è strettamente collegata al tema delle libertà e che rischia di condurre a conseguenze negative per tutti.
Anche gli appassionati “tradizionali” di montagna, che utilizzano i social media, sono diventati parte di questo meccanismo e si sono adagiati alla necessità di una comunicazione maggiormente basata sull’immagine.
“Storie” e “reel” hanno sostituito la narrazione, la condivisione delle emozioni attraverso le parole, con la scusa che i social non sono fatti per dilungarsi nella scrittura. Ci si sofferma all’impatto visivo, all’apparenza, spesso ricorrendo a fotografie che non hanno neppure più un gran valore semantico. Certamente lo scopo è di procurare il consenso immediato di amici virtuali.
Una certa resistenza culturale è offerta dai web journal di montagna e dai blog, che si sono inseriti nel vuoto editoriale cartaceo, continuando a puntare sulla competenza e proponendo contenuti di altissima qualità. Vi è poi il fenomeno delle “community alpinistiche”, piattaforme di utile scambio d’informazioni – in tempo quasi reale – sulle condizioni delle vie in montagna, del ghiaccio, della neve, dove però è necessario creare una progressiva rete di fiducia con chi sta dall’altra parte di uno sconosciuto nickname e senza che questo tipo d’informazione si sostituisca del tutto alla necessaria valutazione personale.
Quale ruolo per il G.I.S.M. - Gruppo Italiano Scrittori di Montagna - in un mondo in così continua evoluzione?
Da sempre il nostro gruppo, più di qualsiasi altra associazione o istituzione alpina, ha fatto del racconto della montagna il perno centrale della sua esistenza, nel segno di un ideale e nella convinzione che la conoscenza sia il cardine di ogni processo evolutivo.
Il nostro compito è continuare a farlo essendo i protagonisti e i promotori di una comunicazione “etica”. Non solo affrontando i temi a noi cari e le sfide cui saremo chiamati a rispondere con competenza ma promuovendo un “rinascimento alpino”, contro ogni tentativo di banalizzare la montagna, di trasformarla in un mondo senza ideali e asservito alle logiche del mercato.
Una dimensione in cui si fa largo la rissa mediatica ed è in incubazione la tentazione del controllo e della “norma”. L’annuario “Montagna”, che oso definire una rivista di cultura alpina a tutto tondo, è la sintesi di questa volontà di accettare la sfida dei nostri tempi forti dei solidi ideali del passato.
Laddove si sentirà il bisogno di raccontare la montagna, il G.I.S.M. ci sarà.
Marco Blatto