venerdì 23 maggio 2014

Il bosco

Fin dai tempi antichi il bosco e le foreste sono state il luogo della produzione di una delle principali materie prime naturalmente rinnovabili e prodotte senza emissioni inquinanti: il legname.
Edilizia, mobilifici, produzione di carta e cellulosa, combustibile, materiali per falegnameria, fino ad arrivare alle produzioni artigianali di pregiati strumenti musicali. Questi sono solo alcuni dei principali enti che attingono dal bosco, molto spesso anche con poca parsimonia.
Ma il bosco non è solo questo e non può essere visto unicamente come fonte di risorse da sfruttare.
Il bosco è un delicato e complesso insieme di organismi vegetali e animali di varia entità che vive secondo articolati cicli biologici tutti in interazione tra loro. L'interazione è molte volte anche simbiotica e quindi ancora più stretta. Eliminare un anello di questa catena potrebbe compromettere una larga parte di questo sistema che la natura ha formato con una lenta ma costante evoluzione.

Le piante che costituiscono un bosco si possono distinguere in tipologie anche molto differenti tra di loro: dagli alberi secolari che possono raggiungere anche svariate tonnellate di peso ai soffici tappeti verdi di muschi che crescono meno di un centimetro. Dalle alte piante che si sviluppano in verticale alla ricerca della maggiore esposizione solare possibile, ai bassi arbusti del sottobosco che invece prediligono di gran lunga aree fresche, umide ed ombreggiate.
Dai vegetali privi di strutture rigide e che quindi si sostengono rivestendo il fusto di altre piante in grado di mantenere una posizione eretta, alle delicate piante che invece crescono all’interno di specchi d’acqua e piccoli stagni.

Con il variare delle stagioni e del clima, un gran numero di piante mostra variazioni nell’aspetto, nel colore, nei fiori e nelle foglie. Altre invece, come un gran numero di conifere resinose, rimangono con un aspetto approssimativamente invariato per tutto l’anno. Proprio l’osservazione delle conifere può fornire dati importanti per effettuare un’analisi delle variazioni del nostro ambiente e dell’ecosistema in generale. Pini, abeti e larici sono le principali specie di conifere presenti in Piemonte, ma le conifere hanno origini antichissime facendo la loro comparsa sulle terre emerse del nostro pianeta quasi 300 milioni di anni fa e sviluppandosi nel periodo del Giurassico e del Cretaceo.

Tra le conifere troviamo quindi gli esseri viventi più vecchi del nostro pianeta, ma queste piante stanno vivendo una fase di regresso (in un arco temporale di centinaia di milioni di anni) diminuendo nel numero in favore delle latifoglie, piante con maggiori capacità di affermazione.
Si calcola che le conifere, al massimo del loro splendore, fossero rappresentate da almeno 2000 specie differenti. Oggi si sono contratte a meno di 600 specie ed alcune disseminano già in forma estremamente ridotta denunciando una rinnovazione stentata e difficile. Le latifoglie che invece si sono imposte in tempi successivi costituiscono oggi i 9/10 della vegetazione delle terre emerse.



Le differenze sostanziali tra le conifere e le latifoglie non si presentano solamente nella loro distribuzione nell’ambiente o nelle caratteristiche dell’aspetto, ma anche nella tipologia di flora subordinata che vive in relazione con esse. Nei boschi di conifere infatti la scarsa luce che penetra nel sottobosco favorisce solo selezionate specie di piante e funghi. Nei boschi di latifoglie invece il sottobosco è molto vario, prevalgono piante dalle fioriture vistose che non rifuggono la luce.
Sono però molto frequenti, a diverse altitudini, boschi misti che sono spesso il frutto di un secolare intervento dell’uomo. Questo tipo di ambiente ha favorito significative variazioni nella flora subordinata. Nei vasti boschi di querce per esempio non è raro trovare il pino silvestre, il ginepro ed ancora aceri, frassini, noccioli e carpini neri. Nei boschi dei castagni, che in Piemonte si sviluppano anche fino a 1000 mt. di altitudine, si possono trovare alte concentrazioni di mirtillo nero, felci, rovi e orchidee selvatiche.

Piante cresciute in questo ambiente armonizzato dipendono l’una dall’altra. A seguito infatti di un incontrollato abbattimento, magari in zone chiuse ed ombrose, si verifica nella stagione primaverile immediatamente successiva una intesa crescita di specie vegetali che prediligono la luce, a scapito di altre piante che non sopravvivono a forti esposizioni solari e destinate quindi a soccombere.
Ecco quindi che l’intervento dell’uomo si rivela ancora una volta pericoloso se non gestito e controllato da un piano di sostenibilità, ma soprattutto se non affiancato da un lavoro di rimboschimento adeguato.

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