L'attività dell'arrampicata sportiva, sia indoor che in falesia all'aperto, è uno sport che ha acquisito, specialmente negli ultimi anni, sempre più consensi e popolarità.
Complici di tale successo possono essere stati il cinema con alcune adrenaliniche sequenze di personaggi su strapiombanti pareti di roccia, oppure il Comitato Olimpico Internazionale che ha ufficialmente riconosciuto l'arrampicata come sport olimpico presente a Tokyo 2020.
Forse più semplicemente tra gli sportivi e gli appassionati si è diffuso il desiderio di ritornare alle origini del movimento fluido e coordinato del proprio corpo oppure, nel caso dei frequentatori delle pareti di roccia, è emersa in maniera ancor più preponderante la voglia di rimettersi in gioco alla ricerca di un contatto autentico con la natura.
Del resto il termine stesso "sport" trae le sue origini proprio da "extra portes" vale a dire "fuori dalle porte", in un ambiente cioè estraneo alle città, ai centri abitati e più vicino alla natura incontaminata ed alla sua dimensione più pura e selvaggia.
Va aggiunta, a mio avviso, una componente importante che la disciplina dell'arrampicata è in grado di fornire: si tratta del forte ed armonico rapporto tra corpo e mente, indispensabile per eseguire il movimento corretto ad ogni passaggio. Non si arrampica semplicemente trazionando sulle braccia e non è solo una questione di muscoli, occorre invece sviluppare la propria personale capacità di osservazione dell'ambiente e di percezione dell'equilibrio al fine di raggiungere il miglior risultato con il minor sforzo fisico. La pratica unita alla riflessione e l'esercizio costante portano a questo risultato.
Inoltre il raggiungimento di un traguardo, di un "top", oppure la conclusione di una via non sono gli unici momenti che forniscono soddisfazione personale. Per un arrampicatore riuscire a risolvere un passaggio in modo efficace, anche dopo numerosi tentativi, senza necessariamente raggiungere la sosta di calata o la fine di una via, può essere considerato un traguardo importante. Questa continua ricerca del miglioramento personale nella competizione con la gravità forniscono, al raggiungimento di ogni piccolo obiettivo, una sensazione di benessere che mette in gioco una complessa successione di processi fisiologici, i quali aiutano a combattere lo stress e a migliorare l'autostima, la determinazione e la fiducia in sè stessi.
Parlando di fiducia non può mancare una menzione sullo speciale rapporto tra chi arrampica ed il suo assicuratore.
Definire l'assicuratore come colui che protegge chi scala da una rovinosa caduta, permettendo di svolgere l'attività sulla parete in sicurezza, è riduttivo e ne sminuisce l'importanza.
Di certo l'assicuratore a terra, che oggi può fare affidamento su moderni dispositivi e sistemi di bloccaggio di ultima generazione, ha il compito di ridurre il rischio ma ha anche piena consapevolezza del movimento del suo scalatore. Non stacca mai gli occhi da lui e ne conosce le debolezze e i punti di forza, sa quando è necessario concedere maggiore libertà di movimento e di azione sulla parete oppure quando è invece utile far percepire la sua attenzione attraverso quel legame che la corda solo parzialmente è in grado di rappresentare.
In definitiva l'arduo compito di un assicuratore è scomporre il concetto di rischio e di pericolo, azzerando il primo senza intaccare quella componente di pericolo intrinseca nell'ambiente naturale, tanto cara allo scalatore (e fin troppo osteggiata dalla società contemporanea) che ne acuisce i sensi, lo rende vigile, controllato e rispettoso dei limiti propri e dell'ambiente. In una parola: responsabile, cioè "abile a rispondere" a tutte le situazioni che la parete di roccia e la via di scalata gli presenteranno davanti.
Senza una minima ed affrontabile percentuale di pericolo, l'avventurosa esperienza dell'arrampicata verrebbe svuotata della sua parte più ricercata, ossia quella parte che rende l'arrampicata stessa non solo uno sport all'aria aperta ma anche un esercizio indispensabile per la propria formazione come scalatore.
Ciò non esclude naturalmente la rilevanza che occupa il proprio buonsenso durante la pratica dell'arampicata, perchè non si tratti solo di un incauto modo di affrontare la roccia.
Ciò non esclude naturalmente la rilevanza che occupa il proprio buonsenso durante la pratica dell'arampicata, perchè non si tratti solo di un incauto modo di affrontare la roccia.
Il buonsenso guida ad una arrampicata meditata e di valore a differenza dell'imprudenza che porta soltanto ad uno smodato e vanaglorioso compiacimento di sè.
Alla luce di tutte queste considerazioni non si può che essere lieti del successo che l'arrampicata sta avendo tra gli sportivi, poichè si tratta di uno sport completo, divertente e carico di emozioni forti. Occorre però tenere sempre presente che si tratta anche di una disciplina nella quale è bene "non improvvisarsi", seguire rigorosamente le direttive di professionisti e di istruttori qualificati e soprattutto ragionare prima di agire.
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