Seduto alla mia scrivania tento di affrontare il torrido clima di questo periodo bevendo di frequente qualche bevanda fresca mentre tento di trovare le parole adeguate per il prossimo articolo del Blog. Casualmente il mio occhio cade sul sottobicchiere che uso: una rappresentazione del Wasa, il vascello svedese da 64 cannoni, costruito per il re Gustavo II Adolfo di Svezia tra il 1626 e il 1628 ed affondato nel porto di Stoccolma il giorno stesso del varo, il 10 agosto 1628.
Avevo acquistato questi sottobicchieri durante la visita al Wasa Museum, una imponente struttura inaugurata nel 1990 dal re di Svezia Carlo XVI Gustavo, dove il relitto è esposto in seguito al suo recupero dal fondo della laguna svedese e successivo restauro.
Secondo le ricostruzioni storiche il vascello fu concepito effettuando svariate modifiche a causa delle pressanti interferenze del re in fase di progettazione per aumentarne la capacità di carico, le dimensioni, il numero di cannoni e, più in generale, ogni richiesta del sovrano di ampliamento al fine di rendere la nave un gigante del mare, simbolo di prestigio e grandezza. Sfortunatamente tali richieste non sempre erano supportate dalle necessarie competenze di carpenteria navale del re, appesantendo di fatto la struttura del vascello fino a renderlo inadeguato alla navigazione.
Nei giorni precedenti al varo il Wasa fu anche caricato con tonnellate di arredi, quadri, vasellame e sovrastrutture decorative in legno, portando la sua linea di galleggiamento pericolosamente in prossimità dei portelli dei cannoni al ponte inferiore.
Impossibilitati dal respingere le richieste fuori misura del sovrano e evitando che i test di collaudo ritardassero il giorno del varo, i carpentieri acconsentirono ad ogni capriccio del re e fecero salpare la nave il 10 Agosto 1628 per il suo viaggio inaugurale.
L'esito fu disastroso: la nave rischiò fin da subito di capovolgersi ad ogni folata di vento laterale. Se sulle prime la perizia del timoniere riuscì a recuperare una posizione stabile dello scafo, alle successive raffiche la nave si inclinò al punto da imbarcare acqua e affondare rapidamente a meno di un miglio marino dalla sua partenza.
Il recupero e restauro della nave sono una storia di successo della Marina Svedese degli anni 50 e 60, ma ciò che di questa storia preferisco tenere a mente è che occorre sempre aver presenti i propri limiti ed evitare assolutamente che interventi esterni, spesso poco competenti, influenzino le decisioni prese.
Da parecchio tempo, possiamo facilmente datare con l'inizio del primo massiccio isolamento pandemico, le mie opportunità di effettuare escursioni e di arrampicare, si sono drasticamente ridotte. Complici anche altre problematiche tuttora in fase di risoluzione, sono stato costretto a rallentare il ritmo delle mie gite e delle mie camminate, portando inevitabilmente ad un ridimensionamento del livello di difficoltà e della durata di tali percorsi.
Ecco perché ho dovuto, a malincuore, rinunciare spesso a delle offerte e accettare di ricalibrare le mie mete con dei percorsi decisamente molto semplici.
Ciò ha anche portato ad un rallentamento nella pubblicazione di articoli ma confido di poter ripartire presto con delle nuove escursioni decisamente più interessanti ed impegnative.
Per ora mi limito a salpare, a differenza del Wasa, alleggerito per quanto possibile da tutto il carico inutile e non assecondando richieste che in passato avrei considerato tranquillamente alla mia portata ma che ora preferisco procrastinare ad un momento più adeguato e ad una preparazione fisica e mentale ottimale.
Quando mi è stato proposto di raggiungere il Col du Lac Blanc, partendo dal pratico parcheggio Lac Muffè, ho accettato di buon grado riconoscendo la semplicità del tracciato e ricordando che parte di esso mi era anche familiare grazie alla precedente escursione al Colle Cima Piana.
Con quest'ultimo infatti condivide il medesimo percorso fino al ristoro Lago Muffè ed oltre, a quota 2222 m, per poi procedere verso la ben visibile sella oltre la quale si possono trovare il Rifugio Barbustel ed altri splendidi laghi, potenziali mete per altre future escursioni.
Giunti al passo a 2310 m, senza difficoltà grazie alla evidente traccia del percorso ed ai segnavia ben visibili, decidiamo di piegare a destra e salire su uno sperone di roccia per goderci panorama e un po' di ristoro.
Come ho accennato non è stata che una passeggiata, nulla a che vedere con le escursioni finora descritte. Ma lo scopo era esattamente questo: non ripartire come se nulla finora fosse avvenuto, non riprendere il largo carichi del pesante fardello di cui ogni tanto ho percepito l'approssimarsi, ma una graduale ripresa, con l'obiettivo di tornare ad apprezzare la montagna, anche la più apparentemente insignificante. Senza attribuire valore o significato alla meta finale, senza rispondere alle provocazioni e alle ambizioni di raggiungere alte vette.
Ringrazio Cristina per l'invito a camminare insieme per questa gita.
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