Le occasioni per scoprire l'inestimabile valore storico delle nostre montagne sono sempre state per me di grande valore.
Ecco dunque che la visita al Museo della Montagna e del Contrabbando di Macugnaga si rivela una splendida opportunità per scoprire gli aspetti che hanno caratterizzato la Valle Anzasca, aspetti unici seppur così simili ad altre "valli di confine" nelle nostre Alpi.
Mi sono recato a Macugnaga per la commemorazione della lapide del G.I.S.M. (Gruppo Italiano Scrittori di Montagna) di cui sono socio aderente dal 2017 e per una rapida escursione al Lago delle Fate in Val Quarazza, ma quando ho letto della visita al museo nel programma dell'evento ho subito colto in me l'accendersi della fiamma dell'interesse.
Il Museo della Montagna e del Contrabbando è ospitato in un tipico edificio dell’architettura Walser situato in località Prati della frazione Staffa. All’esterno un busto dell’artista G. Radice a memoria del grande pittore anzaschino Carlo Bossone.Il primo salone espositivo in cui ci si imbatte custodisce una buffa collezione di illustrazioni a colori dell'artista milanese Aldo Mazza. Il ciclo si chiama "Quota Pecetto" ed illustra in 18 tavole ad olio, corredate dalle musicali didascalie di Arturo Toscanini, la storia di una bizzarra scalata al Monte Rosa.
Il ciclo acquista la valenza di una prestigiosa e imponente Opera musicale, con il suo inizio ("soggetto", "accordi", "preludio" le prime tre tavole).
Un movimento in crescendo alletta la preparazione dell'ascensione al Rosa del protagonista del ciclo che, giunto in carrozza a Macugnaga, forse un po' appesantito nella figura, ma dall'animo coraggioso, si accorda con delle Guide Alpine per scalare il Monte Rosa.
Giunge il fatidico giorno, e dopo un'accurata preparazione, il protagonista parte per la sua impresa: con passo svelto attraversa l'abitato di Staffa, inizia a cedere terreno verso Ripa, si stanca a Zer Walco, si addormenta a Pecetto, ancor prima di aver iniziato a salire al Rosa ("andante con brio", "andantino", "battuta d'aspetto", "rallentando", "pausa obbligata" le tavole seguenti). Dopo un sonno ristoratore, all'imbrunire rientra con rinnovato vigore a Staffa ("sinfoniale", "sognando", "risveglio", "ripresa", "allegro sostenuto", "allegro vivacissimo") per organizzare un convegno nel quale illustrare agli amici la sua grande incredibile scalata, avvenuta però soltanto in sogno ("fantasia", "descrittiva", "finale maestoso").
Nella saletta successiva, dedicata a Luigi Lazzaroni Andina (1931 - 2012) sono custodite antiche e pregevoli stampe del Monte Rosa, donate appunto dalla famiglia Lazzaroni.
Tra queste impossibile non apprezzare una fotografia di Vittorio Sella in cui compare la Regina Margherita Maria Teresa Giovanna di Savoia (1851 - 1926) sulla Vetta Gniffetti (4561 m)
proprio davanti alla capanna che ancora oggi porta il suo nome.
All'ingresso del piano superiore e lungo la scala trova spazio un ricco campionario di esemplari della fauna alpina; creature che vivono al di sopra del limite superiore della vegetazione forestale e che hanno saputo adattarsi alle dure condizioni ambientali della montagna come, ad esempio, le basse temperature.
Sulle vette delle montagne, oltre i 2300 metri, osserviamo la scomparsa degli alberi e degli arbusti, sostituiti da praterie rase, intervallate da pareti rocciose e accumuli di detriti: questo è l'ambiente alpino.
Nelle condizioni climatiche estreme delle montagne, con freddo, vento, neve e suoli poveri, sono in grado di resistere solo poche specie vegetali ed animali, che sviluppano particolari sistemi di adattamento.
Il letargo invernale o la muta di pelliccia o piumaggio sono solo alcuni esempi di adattamento alle rigide caratteristiche degli ecosistemi in quota dove la sopravvivenza di numerose specie, animali e vegetali, è sempre più spesso in precario equilibrio a causa delle drastiche variazioni climatiche ed ambientali dovute all'intervento umano.
È fondamentale, anche tramite questi semplici spazi espositivi, tenere a mente l'alto rischio di compromettere in maniera irreversibile i già delicati e fragili ambienti naturali che costituiscono le montagne e la loro biodiversità.
Accanto a quest'area, lungo un breve corridoio, sono conservate le attrezzature con cui il famoso Gruppo Guide di Macugnaga conquistò la parete Est del Monte Rosa: sci, corde, zaini, ramponi e indumenti originali perfettamente conservati. Macugnaga, per la sua posizione, è sempre stata luogo di partenza privilegiato per l'escursionismo e l'alpinismo sul Rosa, in particolare sulla sua temuta parete Est, salita per la prima volta nel 1872 da una cordata inglese capitanata da Richard e William Pendlebry condotta dalla guida macugnaghese Ferdinand Imseng il quale morì nove anni dopo, a causa di una valanga.
Tra i personaggi più interessanti nella lista dei protagonisti di leggendarie imprese in montagna spiccano Ettore Zapparoli e il "Diavolo" delle montagne Mattia Zurbriggen (1861 - 1917).
Sempre al piano rialzato, prima della più grande sala sul contrabbando, una vetrinetta custodisce tra i tanti oggetti esposti, una vasta raccolta di reperti appartenuti a scalatori periti sulla parete del Rosa e restituiti col tempo dal ghiacciaio stesso.
Il cimelio più importante, al piano superiore, consiste in un particolare scarpone usato dal francese Maurice Herzog dopo la conquista dell'Annapurna, il primo "ottomila" salito nel 1950. L'originalità sta nel fatto che lo scarpone è stato adattato alle gravi mutilazioni dei suoi piedi, conseguenti all'impresa Himalayana, cui è seguita la scalata della parete Est del Monte Rosa. Tra i protagonisti delle spedizioni extraeuropee Macugnaga vanta la guida Giuseppe Oberto, l'ultimo partecipante alla conquista del Gasherbrum IV.
L'ultima area, quella del contrabbando, è una sala di grande interesse poiché mette in evidenza una pagina di storia spesso trascurata delle nostre montagne di confine. Una storia di famiglie e popolazioni alpine che, soventemente motivate da necessità economiche, trasportavano nelle bricolle merci come ad esempio caffè, riso, tabacco, farina di mais, ma anche cioccolata, seta, burro, munizioni, medicinali, liquori, orologi e persino parti smontate di biciclette e veicoli a motore.
Merci, quantitativi, destinazioni...tutte variabili mutate nel tempo e in base alle condizioni di vita dell'Italia autarchica o della Svizzera in carenza di generi alimentari durante la Prima Guerra Mondiale.
Anche i percorsi variavano per sfuggire alle maglie del contrasto al contrabbando da parte della Finanza e dei doganieri elvetici.
Al Passo Mondelli (2839 m), fra la Valle Anzasca e quella di Saas, ogni anno, il 17 Agosto, si celebra la "Festa dei Contrabbandieri" con la quale si ricordano i caduti in montagna: contrabbandieri, finanzieri e doganieri svizzeri. In quell'occasione è possibile sentire ancora echeggiare le canzoni dei contrabbandieri.
Un'altra ricorrenza legata alla storia del contrabbando è la festa di San Teodoro (o Teodulo), patrono dei contrabbandieri. Non è nota la ragione per cui questo santo dei primi secoli del Cristianesimo, che fu nel IV secolo vescovo di Octodurum (l'attuale Martigny) nel Vallese, sia collegato ai contrabbandieri. È però certo che egli sia oggetto di grande venerazione da parte delle comunità alpine
dedite al contrabbando, come documenta il pellegrinaggio che annualmente si svolge da Formazza a Bosco Gurin il 25 Luglio per la festa del Santo.
A proposito di San Teodoro si narra che una volta un gruppo di contrabbandieri formazzini, curvi sotto il peso delle bricolle, fosse sul punto di essere raggiunto dai finanzieri. Allora gli spalloni invocarono San Teodoro e immediatamente sulla montagna calò una fitta coltre di nebbia e, con essa, la salvezza.
Riallestito nel 2008 il Museo della Montagna e del Contrabbando è il primo museo nel suo genere in Italia. Situato a pochi passi dal centro di Staffa, è una tappa assolutamente fondamentale in particolare per la scoperta e la valorizzazione della storia di queste due figure chiave della vita in montagna: l'alpinista ed il contrabbandiere.
Ringrazio il G.I.S.M. per l'opportunità di questa interessante visita, Chiara per le foto condivise in questo post e Teresio per la guida all'interno del museo.
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