martedì 26 gennaio 2016

Giuseppe Culicchia: Lanzo, il Diavolo gabbato e tre valli

Val grande, Val di Ala, Val di Viù: bellezze naturali, profumi di miele e storie molto singolari
[di G. Culicchia "in viaggio con gli scrittori" estratto da "Pagine del Piemonte" N 22, estate 2005]

Era una specie di droga. Il sabato pomeriggio, tutte le settimane, ci si dava appuntamento "su in collegio". Su in collegio voleva dire Lanzo, e per la precisione al campo di calcio di fianco al collegio dei Salesiani, ovvero proprio in cima al paese, a pochi passi dall'austero, imponente edificio grigio occupato dal famoso Istituto Magistrale Statale Federico Albert, da sempre inesauribile risorsa di ragazze ansiose di fare le maestre elementari da grandi e all'epoca ancora gestito almeno in parte da suore. Ma malgrado l'età, ossia i quindici anni, e le conseguenti ovvie tempeste ormonali adolescenziali, il sabato pomeriggio su in collegio alle future maestre elementari non si pensava. C'era l'appuntamento al campo di calcio e dunque il consueto rituale della scelta della squadra e della porta e dei portieri e poi c'era il pallone da (eventualmente) buttare dentro. Non contava niente altro. Adesso non ho idea se il sabato pomeriggio i quindicenni di oggi si trovino ancora su in collegio per giocare a calcio. Sono trascorsi venticinque anni. Forse preferiscono starsene a casa con le loro Playstation, e giocano con Fifa 2005 in un finto stadio affollato di finti spettatori con finte squadre popolate di finti campioni. Comunque: Lanzo col suo campo salesiano per me è sempre stata l'equivalente del Maracanà di Rio de Janeiro, con in meno la torcida e la samba ma in più i torcetti in vendita nelle panetterie e il Ponte del Diavolo. Al Ponte del Diavolo, d'estate, si va da sempre in cerca di refrigerio e anche a fare merenda o a prendere il sole, proprio come se le piccole spiagge ghiaiose ai bordi dello Stura fossero appendici di quella di Copacabana. Mancano il Pan di Zucchero e le brasiliane in topless, è vero, però ci sono moltissimi alberi e c'è il ponte, che risale al 1377 ed è bellissimo e unisce le due sponde con la sua unica arcata a schiena d'asino, che secondo la leggenda venne costruita dal Diavolo in cambio dell'anima del primo essere vivente che fosse transitato sul ponte (ricordo che da bambino mi raccontavano che sul ponte gli abitanti del posto fecero passare per prima una pecora, fregando il Diavolo, che adirato per via dell'inganno battè un piede per terra di cui è rimasta l'impronta). All'epoca medievale risale anche la Porta di Aimone, che ospita la Biblioteca Civica di Lanzo, piccolo tesoro di libri conservato all'interno della Torre, una delle biblioteche più affascinanti in cui mi sia mai capitato di entrare.

La stradina stretta che collega il collegio in cima al monte Buriasco (dove in origine c'era il castello di Landolfo, vescovo di Torino, fatto erigere nell'XI secolo) alla Torre porta all'ex Ospedale Mauriziano, edificio di una bellezza rara oggi purtroppo in stato di abbandono. Parallelamente ad essa, si inerpica su per il monte la cosiddetta "scalinata", che è divertente percorrere soprattutto d'inverno se è nevicato, meglio ancora quando a terra c'è un pericoloso strato di ghiaccio. Dalla scalinata si gode anche di un bel panorama sulle Valli di Lanzo, o almeno su parte di esse. Le valli infatti sono tre: la Val Grande, che culmina nel villaggio di Forno Alpi Graie (m 1226); la Val di Ala, che porta al Piano della Mussa (m 1752); e la Val di Viù, al termine della quale ci si ritrova al lago di Malciaussia (m 1805). Prima di arrivare a Forno, si incontrano Cantoira, Chialamberto e Groscavallo. Nei pressi della prima, in località Brunetta ovvero el vallone di Vrù, è possibile visitare il Museo di Archeologia Industriale, dedicato alle miniere e ai minatori che tanta parte hanno avuto in passato nell'economia delle valli. Oggi le miniere e i minatori non ci sono più, e nella Val Grande, che è dominata da notevoli contrafforti alpini, si vive anche di turismo sportivo, grazie alle numerose passeggiate e ai percorsi per il trekking e la mountain bike e ai torrenti dov'è possibile praticare il rafting a bordo di canoe o kayak e alle palestre naturali per chi fa roccia e ai dirupi da cui gli appassionati del parapendio si buttano nel vuoto appesi ai loro colorati sogni leonardeschi finalmente realizzati. Forno Alpi Graie è poi una buona base di partenza per vere e proprie escursioni alpine fino ai rifugi Ferreri (m 2207) e Daviso (m 2280), oppure spirituali, se si va al Santuario di Nostra Signora di Loreto, a cui si arriva percorrendo una scalinata di 444 gradini. Senza contare che all'albergo in cui culmina il paesino, con le sue casette dai tetti in pietre di Luserna addossate le une alle altre e sprigionanti d'inverno il profumo del riscaldamento a legna, si trova un ottimo miele al rododendro.

L'adiacente Val di Ala è più stretta, rispetto alla Val Grande. E contiene innanzi tutto Cères (m 704), con il suo Museo delle Genti delle Valli di Lanzo e la celebre raccolta di chiodi che qui venivano fabbricati e che da qui venivano esportati in tutta la Penisola, ma anche con i suoi bomboloni che la domenica vengono sfornati caldi alle cinque del pomeriggio dal bar dell'unico albergo che si affaccia sulla piazzetta principale. E ad Ala ecco la casa della Dogana costruita nel XV secolo e provvista di armi dei Savoia. Quanto alle bellezze naturali, vietato perdere la Gorgia di Mondrone, cascata a pochi minuti di cammino dalla borgata omonima.

Prima di arrivare al Piano della Mussa (m 1752), grande spianata venuta alla luce dove nel corso dei millenni si successero prima un ghiacciaio e poi un lago, e base di partenza per le escursioni al rifugio Città di Ciriè, c'è però Balme (m 1402), ovvero il comune più alto delle Valli di Lanzo. Qui, dopo la crisi dell'industria mineraria, si diffuse il contrabbando del sale tra l'Italia e la Francia. E proprio grazie all'abilità dei tanti passeurs locali, esperti di ghiacciai, scalate e traversate a tremila metri, Balme fu la località che vide nascere l'alpinismo torinese, con i contrabbandieri che poco a poco si trasformarono in guide alpine. Abbastanza straordinarie, sia detto tra parentesi ma non troppo, le paste di meliga di granoturco in vendita presso il locale tabaccaio-edicolante, di una fragranza assoluta.

La Val di Viù prende il nome dal paesino di Viù (m 774), immerso tra i boschi di castagni. Più in alto e più a Sud, il Colle del Lys (m 1311) unisce la Valle di Viù con quella di Susa: qui durante l'ultima guerra si batterono formazioni partigiane e unità della Repubblica Sociale e della Wehrmacht. A Lèmie invece, e per la precisione nella frazione Forno, c'è un ponte del XV secolo, in pietra come quello del Diavolo a Lanzo ma a due arcate. Poi, dopo Usseglio, ecco il lago di Malciaussia, a poca distanza dal Rocciamelone e dalla Savoia, e meta di gite soprattutto durante l'estate, quando anche i torinesi si spingono fin qui in cerca di sollievo dalla canicola cittadina.

Giuseppe Culicchia
Ha pubblicato i primi racconti nel 1990 nell'antologia Papergang-Under 25 III curata da Pier Vittorio Tondelli e nel 1994 il suo primo romanzo, Tuti giù per terra (premio Montblanc 1993 e Premio Grinzane Cavour Autore Esordiente 1995). Tra gli altri suoi romanzi, pubblicati da Garzanti, Bla bla bla (1997), Ambarabà (2000) e Il paese delle meravoglie (2004). Recentemente è uscito Torino è casa mia (Laterza, 2005) giunto in pochissimo tempo alla seconda edizione. Per Einaudi ha tradotto America Psycho di Bret Easton Ellis.

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