Aveva rischiato l’estinzione all’inizio del 1800, scomparendo quasi totalmente dalle nostre Alpi, salvato successivamente da un divieto di caccia emanato dalla casa reale di Savoia e da una graduale reintroduzione negli ambienti alpini, riportando così fuori pericolo gli esemplari che ora popolano le montagne dall’Italia alla Francia, per finire anche in Svizzera ed Austria.
Lo stambecco (Capra ibex) è considerato uno degli animali simbolo delle Alpi, caratterizzati da un corpo massiccio che in alcuni esemplari maschi può raggiungere facilmente i 180 cm di lunghezza, 90 cm di altezza al garrese e un peso di 100 kg.
Le femmine hanno generalmente dimensioni e peso ridotti rispetto ai maschi ma sono comunque dotate di una corporatura massiccia ed adattata perfettamente all’ambiente roccioso dei pendii montani.
Il loro proverbiale equilibrio e la loro straordinaria abilità sulle rocce scoscese sono sempre motivo di stupore e meraviglia.
Questi ungulati vivono prevalentemente in alta montagna ma la quota può variare in base a differenti fattori come ad esempio la stagione, la presenza abbondante di risorse nutritive, la densità di popolazione e il clima.
Seguono tendenzialmente un comportamento gregario di branchi monosessuati, riunendo insieme esemplari maschi e femmine durante il periodo riproduttivo, ossia nei mesi di Dicembre e Gennaio.
L’alimentazione è caratterizzata prevalentemente da erba, germogli, muschi e licheni.
Lo stambecco, similmente alla capra domestica, integra nella sua alimentazione anche il sale che scarseggia nella vegetazione di cui si nutre. È occasionalmente possibile individuarlo mentre ricerca sali minerali sulla superficie di rocce saline.
Lo stambecco è dotato di corna robuste e ricurve, che a differenza dei palchi dei cervi, sono permanenti e non vengono perdute con il procedere delle stagioni.
L’accrescimento annuo del corno viene interrotto a novembre, per riprendere nel mese di maggio; questo comportamento nasce dalla necessità di risparmiare le proprie energie per la riproduzione e la sopravvivenza al lungo inverno.
L’arresto della crescita lascia sul corno una netta incisione anulare, molto utile per determinare l’età dell’animale, sia nei maschi sia, con maggiore difficoltà, nelle femmine.
L’arresto della crescita lascia sul corno una netta incisione anulare, molto utile per determinare l’età dell’animale, sia nei maschi sia, con maggiore difficoltà, nelle femmine.
Nei maschi le corna sono lunghe e imponenti e possono raggiungere il metro di lunghezza. Le femmine, al contrario, sono dotate di corna molto più piccole che raramente superano i 25 o 30 cm di lunghezza e mancano delle nodosità caratteristiche della parte anteriore dei corni maschili.
Tuttavia le femmine risultano in ogni caso mediamente più longeve dei maschi.
Lo stambecco ha sovente fatto affidamento ad una strategia di difesa dai predatori molto semplice: basandosi sulla sua straordinaria abilità sui terreni rocciosi accidentati, lo stambecco si ritira fuggendo e portandosi a distanza. Di conseguenza si intuisce facilmente come il rischio maggiore per lo stambecco di avvicinarsi all’estinzione si sia presentato con la diffusione del fucile da caccia, rendendo invalida tale tecnica difensiva. A peggiorare le cose furono le false convinzioni dei prodigiosi poteri curativi delle sue corna e delle sue interiora, utilizzate come rimedi nella medicina popolare.
Oggi un pericoloso nemico per la sopravvivenza degli stambecchi è certamente la smisurata antropizzazione degli ambienti montani, che riduce drasticamente le aree disponibili per questi straordinari artiodattili ai soli parchi naturali, oppure causa una maggiore presenza dell’uomo negli ambienti frequentati dagli stambecchi, favorendo sempre più contatti e inducendoli ad essere sempre meno intimoriti dalla presenza degli esseri umani.
Tale vicinanza comporta inevitabilmente il verificarsi di un altro problema: la comparsa di ibridazioni tra stambecco e capra domestica.
Come accennato in precedenza lo stambecco ha rischiato l’estinzione sulle Alpi, salvato quando ormai gli esemplari rimasti in vita risultavano un esiguo numero sulle montagne del Gran Paradiso. Da questo ridotto numero è stato possibile reintrodurre lo stambecco, grazie ad un lungo ed accurato lavoro, anche nelle aree in cui non vi era più rimasta traccia. Il lavoro di ripopolamento, iniziato negli anni Venti del precedente secolo, è in corso ancora oggi dove, per ovviare al problema della bassa variabilità genetica delle varie popolazioni di stambecchi, vengono effettuate delle operazioni di traslocazione di esemplari (in particolare femmine) da una valle all’altra. Resta da considerare che tutti gli attuali branchi che popolano le nostre Alpi oggi discendono dal ceppo genetico dei sopravvissuti del Parco Gran Paradiso. Ciò significa che la preservazione della popolazione di stambecco, in particolare in quest’area, è di fondamentale importanza.
Negli ultimi vent’anni sono state registrate diverse apparizioni di esemplari frutto di ibridazioni tra stambecco maschio e capra domestica. Ciò è evidentemente provocato dall’incontro tra le due specie nei territori di pascolo dove le capre vengono lasciate o dimenticate sul finire della stagione estiva.
I giovani maschi di stambecco raggiungono dunque le capre per accoppiarsi, generando ibridazioni che costituiscono un problema per la conservazione della specie dello stambecco, che viene quindi contaminata. Queste ibridazioni, che si diffondono lungo tutto l’arco alpino, sono oggi oggetto di studi per capire quali possono essere le conseguenze, a breve e lungo termine, di questa contaminazione e di questo apporto di geni all’interno delle popolazioni di stambecco.
La vicinanza costante con gli esseri umani può avere conseguenze anche sul comportamento degli stambecchi. È bene ricordare che oltre ad essere vietata la caccia, è anche caldamente consigliato di non avvicinarsi troppo o tentare di toccarli perché lo stambecco, per quanto mansueto, non è un animale addomesticato e quindi non riesce a comprendere le nostre intenzioni. Farlo fuggire spaventato o infastidirlo costringendolo a tenersi in allerta per la nostra presenza potenzialmente minacciosa, sottrae tempo ed energie preziose alla ricerca del nutrimento; anche tentare di nutrirli è una mossa da evitare perché potrebbe abituare l’animale alla nostra vicinanza rendendo di fatto meno efficace la sua autonomia nel procurarsi il foraggio di cui ha bisogno.
Occorre tenere sempre a mente che la nostra presenza all’interno del suo ambiente naturale può essere fonte di stress per l’animale. Cerchiamo dunque di mantenere una rispettosa distanza, di non agitarli con movimenti bruschi o suoni forti, teniamo i nostri cani al guinzaglio e prestiamo attenzione anche agli evidenti segnali che ci indicano lo stato d’animo dello stambecco: l’emissione di un breve fischio emesso dal passaggio dell’aria nel naso oppure un breve belato simile a quello della capra possono essere dei segnali che lo stambecco emette per allertare il suo gruppo. Un esemplare se messo alle strette o se ritiene necessario proteggere i piccoli è in grado di effettuare dei brevi scatti per caricare; per farlo abbassa la testa protendendo il corpo lungo la linea delle corna e occasionalmente si erge sulle zampe posteriori. Evitiamo tali atteggiamenti portandoci a distanze maggiori e se proprio desideriamo immortalare l’incontro sfruttiamo i sistemi d’ingrandimento dei nostri dispositivi fotografici per quanto possibile.
Ringrazio Valeria per le fotografie e le informazioni condivise nei suoi articoli.
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